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Piigs, il film no euro tratto da una storia vera. La tua

Piigs, the movie. Storia di un successo imprevisto per un documentario decisamente controcorrente. Intervista di Popoff ai tre autori

di Luca Ridolfi

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In una stanza ci sono cento cani, ma solo novantacinque ossi. Si dirà che i cinque cani che restano senza mangiare dovranno essere più veloci, più scaltri, più competitivi. Benissimo. Se ripetiamo l’esperimento, resteranno senza mangiare altri cinque cani. Chi ha deciso quali cani mangiano e quali no?.

A questa domanda, come a tante altre, dà delle risposte il documentario “PIIGS_TheMovie”, girato da tre cineasti romani, Adriano Cutraro, Mirko Melchiorre e Federico Greco.

Realizzato dopo cinque anni di studio e di approfondimento delle basi della macro economia, e dopo due anni di riprese, il film apre uno squarcio nelle tenebre del pensiero unico del neo liberismo imperante, con buona pace dei sostenitori della teoria del There Is No Alternative nostrani ed europei.

La voce narrante di Claudio Santamaria accompagna lo spettatore nella ricostruzione dettagliata delle politiche di austerity imposte dall’unione europea – e delle sue tragiche conseguenze nella vita di tutti noi. Il payoff del documentario, “tratto da una storia vera: la tua”, del resto, non è casuale: i registi scelgono una storia particolare (quella della cooperativa sociale Il Pungiglione, la cui stessa esistenza è messa in crisi dall’interruzione dei finanziamenti pubblici) per spiegarci come queste politiche riguardino tutti noi.

Distruzione delle politiche sociali, smantellamento dei beni e dei servizi pubblici, sgretolamento delle basi stesse delle fondamenta della comunità europea: questi sono gli argomenti trattati, e illustrati in maniera incontrovertibile, dai tre registi, supportati dalle voci autorevoli di economisti e giornalisti, quali – tra i tanti – Noam Chomsky, Yannis Varoufakis, Federico Rampini ed Erri De Luca.

Partito da poco più di una settimana, PIIGS sta avendo, grazie ad un abile passaparola, un successo inatteso: dopo le prime proiezioni nelle grandi città, ed in poche sale, gli orari di programmazione sono raddoppiati, e stanno nascendo proiezioni evento in ogni parte d’Italia, da Giarre a Trevigliano, da Bari a Perugia, da Bologna a Torino. E, cosa ancora più importante, ovunque il film venga proiettato (chi scrive ne è testimone) il pubblico, all’uscita delle sale, discute, dibatte, reagisce e si arrabbia.

Per capire gli intenti del documentario, e la sua genesi, ne abbiamo parlato con gli autori.

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Come vi siete documentati per girare il film?

Federico Greco: Parte tutto dalla lettura de “Il più grande crimine” di Paolo Barnard, del 2011. Un saggio di macroeconomia che ribalta completamente la riflessione sulla realtà politico – economica dell’eurozona. Da quel momento abbiamo seguito tutti gli eventi, le riunioni e i convegni che sono nati a partire da quel testo che era diventato immediatamente un cult, e abbiamo allargato la conoscenza dell’argomento con una bibliografia che al momento conta almeno quaranta libri. Ma soprattutto abbiamo parlato e discusso con migliaia di persone, in questi ultimi sei anni.

Come mai avete sentito l’esigenza di raccontare questa storia? Ci sono alla base convinzioni politiche, personali? E perché sotto forma di documentario?

Mirko Melchiorre: Abbiamo fatto quello che sappiano fare: cinema. Abbiamo voluto fare una indagine diversa dalla tipologia televisiva stile “report” e per fare questo abbiamo dovuto raccontare una storia che potesse emozionare. La storia de “Il Pungiglione” è questo: una storia simbolica con tutti gli elementi per poter essere universale, per mostrare quanto le decisioni politiche ed economiche prese nelle stanze dei bottoni incidano sulle nostre vite.

FG: Vorrei aggiungere che uno degli obiettivi di PIIGS è spiegare che una bomba ad orologeria si aggira per l’Europa: l’uscita dall’euro fatta dall’estrema destra.

Non siete, quindi, sostenitori del movimento cinque stelle, né di qualche teoria del complotto, né inquadrabili tra i sovranisti nazionalisti di destra?

Adriano Cutraro: Siamo a-partitici ma politicamente di sinistra. In ogni caso, il film affronta delle tematiche universali e dei problemi oggettivi causati dalle politiche di austerità.

Secondo voi, la forma del documentario è più incisiva, per veicolare i temi di cui parlate, rispetto ad una fiction?

FG: Non ne ho idea. So solo che questa volta il payoff del film non è solo un dispositivo meramente promozionale. È perfettamente aderente a ciò che il film racconta. È la storia di tutti, al di là di ogni appartenenza politica o di censo. E siccome è innanzitutto quella di noi tre, che conosciamo meglio, ci sembrava di non doverla tradire strutturandola sotto forma di finzione. Solo, abbiamo fatto uno “spostamento” e l’abbiamo raccontata attraverso le vicende drammatiche di Claudia che deve salvare la sua cooperativa sociale dal fallimento. Inoltre, diciamolo. Un documentario era più alla nostra portata dal punto di vista produttivo, soprattutto perché nonostante anni di tentativi abbiamo dovuto farlo da soli, senza un produttore che ci credesse. Magari perché non siamo riusciti a spiegare bene cosa avevamo in mente – o magari perché l’hanno capito fin troppo bene.

Quali sono i problemi maggiori che avete dovuto affrontare per la realizzazione di PIIGS?

FG: Intorno a noi, un deserto produttivo. Fino a quando abbiamo incontrato Andrea Cirla di Fil Rouge Media, lo scorso anno. Ha visto il film al BioToB a Bologna, grazie alla mediazione del nostro agente internazionale Stefano Mutolo (anche lui una persona che ci ha creduto da subito), e ci ha detto “Vi porto in sala”.

Avete mai pensato di correre il rischio che il messaggio di PIIGS andasse perso nel mare magno dei racconti di denuncia? A fronte di trasmissioni televisive quali report, o presa diretta, o simili, le cui storie suscitano indignazioni passeggere, non temete che possa avvenire lo stesso?

AC: Non ci siamo posti questa problema. Volevamo fare un film documentario che ponesse l’attenzione su tematiche strettamente determinanti per la vita di ognuno di noi, tematiche troppo spesso ignorate per pigrizia e riluttanza. Per far ciò abbiamo lavorato molto sul linguaggio, ispirati soprattutto da opere quali “La Grande Scommessa”, che ci ha dato il coraggio di osare e uscire dai soliti film inchiesta, ormai inflazionati di media generalisti.

FG: Non è un film inchiesta. È cinema.

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A proposito di linguaggio – in questo caso, linguaggio cinematografico – , il film è caratterizzato da un ritmo di racconto molto serrato, molto veloce.

MM: Come diceva Adriano, “La Grande Scommessa” è il film che più ci ha colpito. Abbiamo capito che si poteva osare uscire dallo schema del linguaggio classico. Molti ci dicono, dopo averlo visto, che è un documentario pop. Questo ci rende orgogliosi, perché fare un documentario che parla di temi come austerity, welfare, eccetera, e renderlo ritmato, coinvolgente emotivamente è un grandissimo risultato.

Lavorando sugli atti e ascoltando gli interlocutori presenti nel film, credete che ci sia una via d’uscita nel breve periodo dalla situazione attuale? E, in caso, una via d’uscita da destra, come paventa Federico, aggraverebbe ulteriormente le cose?

FG: Sì. Uscire dall’euro, cioè da questa unione monetaria a cambio fisso, è condizione necessaria ma non sufficiente. Uscire da destra è pericolosissimo. Ma neppure uscire da sinistra basta. Quale classe politica gestirebbe la transizione? Chi è, oggi, in grado di far funzionare la Banca Centrale tornata nelle mani dello Stato secondo le teorie keynesiane volte alla piena occupazione? Secondo me ci vorrà del tempo prima che tutti i pezzi del puzzle si mettano a posto. Il problema è: saremo ancora vivi?

Qual è, secondo quello che avete potuto capire girando il film, il fine ultimo della BCE e dell’Unione Europea? Una transizione verso la privatizzazione di tutti i servizi come li conosciamo ora? La fine del modello di welfare?

FG: Non saprei dirlo meglio. Aggiungerei: trasformare l’Unione Europea in un terreno di speculazione finanziaria da parte dei grandi capitali internazionali. Ma questo lo diceva già Sandro Pertini ai tempi di Ventotene.

Come quei film di fantascienza, dove gli alieni arrivano su di un pianeta, lo spolpano delle risorse e poi ripartono, lasciando alle spalle morte e distruzione?

FG: Non esattamente. Gli alieni in questo caso sono terrestri, e dominavano il mondo nell’ottocento. Dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno perso il controllo, e ora, semplicemente, lo stanno riprendendo. Non è fantascienza, è mera economia. Leggete cosa dicevano Von Hayek, Mises, Friedman. Leggete il disprezzo delle loro teorie economiche nei confronti delle masse e delle classi politiche. Non è vero che non ci sia alternativa. L’alternativa c’è già stata, basta riprendersela. Sono loro stessi l’alternativa, allo stato sociale, al benessere, alla piena occupazione, alla libertà intellettuale.

Credete che ci sia, in Italia ed in Europa, qualche forza politica capace di capire e di condividere il messaggio del film?

FG: Non sopra il 2%, almeno per il momento, in Italia; in Europa non saprei. Ma so che c’è un grande fermento e che tra poco avremo delle sorprese. Però, come dice Paolo Barnard, questa futura classe politica dovrà essere votata dalla gente e la gente potrà votarli solo se comprenderà quello che dicono. Per questo PIIGS vuole essere anche – oltre che una storia commovente e feroce – un modesto strumento perché i futuri elettori si possano fare ora quelle domande che non si sono mai posti.

Una delle (poche) critiche negative che ho letto riguarda l’assenza di contraddittorio nel documentario. Posto che il vostro interesse all’argomento è precedente alle ventate di anti – europeismo recenti, come reagite alle accuse di essere populisti e demagogici?

FG: L’assenza di contraddittorio di cui viene accusato “PIIGS” è dovuta al semplice fatto che “PIIGS” È il contraddittorio, aggiungendosi a quella miriade di voci inascoltate che criticano l’Eurozona e l’UE di questi ultimi anni. Inascoltate, ripeto. La posizione contraria – mainstream, la vulgata, il mantra – la conosciamo tutti, ne siamo inondati a mezzo stampa da decenni. Direi quindi che se “finora non c’è stato contraddittorio”, speriamo che, grazie anche a PIIGS, ce ne sia da questo momento in poi. Quindi te la rigiro: Qualcuno può per favore contraddire ciò che dice Guy Abeille sul 3%? Qualcuno può per favore contraddire ciò che dice Thomas Herndon sul calcolo del debito pubblico? Qualcuno può per favore contraddire i dati sulla povertà, i tagli allo stato sociale, la distruzione della base industriale e del risparmio privato? Qualcuno può per favore contraddire che una cooperativa sociale d’eccellenza come il Pungiglione sta chiudendo perché lo Stato non ha più soldi? Qualcuno può per favore contraddire che hanno vinto Friedman, Von Hayek e Mises? Qualcuno può per favore contraddire il fatto che Paolo Barnard avesse ragione? Qualcuno può per favore contraddire – con dati, grafici e argomentazioni scientifiche – ciò che si dice in PIIGS_TheMovie?.

Come avete scelto i vostri interlocutori presenti nel film?

FG: Abbiamo studiato sui testi di molti di loro, prima di ideare il film. Oltre che su quelli di Paolo Barnard (che però è un giornalista investigativo indipendente, non un economista) anche di Vladimiro Giacchè, Mosler, Kelton, De Grauwe. Quindi è venuto naturale rintracciarli e chiedere la loro opinione. Noi la nostra grande domanda ce l’avevamo ben presente prima di girare. Avevamo però bisogno dell’aiuto di chi la rendesse fruibile, autorevole e forte. In altri casi ci serviva conoscere l’opinione di chi, come Varoufakis, è stato dentro le stanze del potere e le ha viste da vicino. Oppure di chi, come De Luca, sapesse offrire uno sguardo caldo, emotivo, militante, popolare, poetico.

L’ultima domanda: ci siamo tutti appassionati alle vicende della cooperativa Il Pungiglione. Qual è la loro situazione, al momento?

FG: La stessa raccontata nel film, eccetto per il fatto che hanno – momentaneamente – risolto il problema finanziario con le banche. Ma economicamente sono sempre sull’orlo del fallimento. Ma la situazione è la stessa anche dal punto di vista della voglia di lottare.

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