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«Sei No Tav!», la notte di Maya nella caserma di polizia

Torino, storia di Maya, presa ai Murazzi senza motivo. Pestata in caserma, insultata perché riconosciuta come No Tav

di Ercole Olmi

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La squadra mobile “sequestra” una ragazza di diciannove anni, la pesta e poi la denuncia per una lista impressionante di reati immaginari. Succede in Italia, a Torino. Giovedì scorso, fermata ai Murazzi da due agenti perché guardava i loro colleghi che effettuavano una perquisizione. E’ l’inizio di una notte di follia in strada e poi in caserma per Maya, 19 anni, riconosciuta dai poliziotti come attivista ai picchetti antisfratto ed alle manifestazioni No Tav.

La ragazza se li vede arrivare in otto, «nervosi». L’hanno minacciata di portarla alle Vallette, il carcere di Torino. Da Piazza Vittorio, viene spintonata, tenuta per i polsi, fino alla volante. Le hanno sequestrato il cellulare con le cattive. Poi in Corso Tirreno, in caserma. E’ lì che l’hanno riconosciuta. All’ingresso viene spintonata fino alla sedia. L’agente che l’aveva portata dai Murazzi le sferra un pugno e poi la costringe a stare in piedi, la sedia sarebbe stata un lusso impossibile per una come lei. Seguirà perquisizione totale e tre ore in guardina senza nemmeno poter andare in bagno. Dopo due ore e mezza, la grazia di un caffé a interrompere la sequela di insulti e provocazioni che non si sono mai fermate dal momento del prelevamento della ragazza. Maya si troverà fuori alle 4 del mattino, con 6 giorni di prognosi certificati dal pronto soccorso ospedaliero per evidenti tumefazioni in tutto il corpo ma anche con un verbale che registra le grottesche accuse nei suoi confronti: violenza, resistenza, oltraggio e perfino porto d’armi: «avevo sette chiodini da muro nel marsupio». Maya però non si lascia intimidire dalla notte brava dei poliziotti di Corso Tirreno: denuncia in video i suoi aggressori, lo farà anche con le carte bollate e non sarà da sola. Con lei i suoi compagni di Askarasuna e, oltre Torino, le reti di lotta alla repressione e Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa che subito ha ripreso la vicenda sui suoi canali social.

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#IoStoConMaya #setoccanounatoccanotutte #stopabusiindivisa

Ecco Maya e il suo racconto:

2 COMMENTI

  1. incredibile!!! ma dove siamo? in Turchia, in Bulgaria, in Cora del Nord o in Italia! purtroppo anche da noi c’è ancora della “celere” di scelbiana memoria. CoraggioMaya, siamo tutti con te

  2. Ho subito tantissime volte le stesse violenze ed anche molto peggio. Mi hanno saltato addosso anche una dozzina di agenti. Più volte, il dirigente della Prefettura guardava le violenze subite sulla strada dalla finestra e rideva.
    Mi hanno pure rapinata, strappandomi la borsa dal braccio rubando tutto quello che era dentro, documenti, soldi, agenda, biglietti di autobus, registratore, carica batteria del cellulare ecc…
    Portata in Questura, mi hanno vilentata per ore, derisa, umiliata, provocata. Tutto filmato e fotografato dagli agenti. Poi mi hanno denunciata per averli aggrediti io facendosi fare certificato medico falso. Hanno fatto pubblicare un articolo falso nei giornali, e diffuso dalla TV che sono evasa, ricercata.
    Da tanti anni subisco violenze. In un episodio, mi hanno dovuto rianimare. Tutte le denunce documentate con certificati medici, sono andate a finire nel cesso.
    Mi ha salvata la vita il mio amico, il procuratore generale che mi proteggeva come poteva, ma poi è morto e da lì la mia situazione è peggiorata molto.
    Le violenze sono quotidiane. Quando vedo agenti, mi allontano perché mi fanno PAURA. Hanno le mie foto in tutta l’Italia, addirittura anche i controlli del treno, dell’auttobus e avvisano immediatamente le Forze dell’Ordine quando mi vedono.
    Questo perché ho scoperto una truffa scandalosa commessa a danno dello Stato, che va avanti da 40 anni, messa in atto da un’organizzazione potentissima in cui ci sono persone che decidono la vita del Paese, pantalloni, politici, magistrati, libero professionisti, agenti delle forze dell’ordine, politici.

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