Fiano prima firma la legge che punisce la propaganda nazifascista poi sforna una legge elettorale «fascisistissima», accusa Acerbo del Prc
di Giulio AF Buratti
Rosatellum, ovvero: l’antifascismo a intermittenza dell’onorevole Fiano. L’esponente del Pd sta vivendo decisamente un periodo di enorme protagonismo. Da un lato è la prima firma di un testo, appena passato alla Camera che punisce la propaganda nazifascista, dall’altro è relatore del Rosatellum, il sistema elettorale con cui il Pd prova a reintrodurre il maggioritario, incoraggiando le coalizioni e tagliando il fiato a chi rischia di erodergli consensi (Mdp). In parole povere, potremmo dire che il maggioritario è un sistema che serve a garantire la governabilità espellendo quote considerevoli di società dal diritto alla rappresentanza, come dimostrano i dati sui flussi elettorali nelle grandi “democrazie” (Francia, Usa, Italia, solo per citare). «Questa legge non favorisce o non sfavorisce nessuno, è una legge di equilibrio» giura Fiano dalle colonne del Mattino di Napoli. «Il testo rafforza il potere di scelta dei cittadini attraverso i collegi uninominali e quelli plurinominali per la quota proporzionale. La scheda unica incentiva la riconoscibilità dei candidati, rafforzando il rapporto tra eletti e territori. Infine, il testo incentiva le coalizioni». Ossia il parlamento sarà composto di nominati.
Ma non è tutto: « L’On. Fiano vuol perseguire il fascismo ma poi propone una legge elettorale fascistissima. Non troviamo altra maniera per qualificare una proposta che prevede che si debbano raccogliere 600.000 firme per poter presentare una lista alle elezioni», dice Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione. Seicentomila firme sono quello che ci vuole per i referendum e più d’uno ci ha sbattuto il naso su quel muro che l'”antifascista” Fiano costruisce soprattutto alla sua sinistra. «Una barriera discriminatoria che diventa ancor più odiosa – continua Acerbo – visto che i gruppi parlamentari già presenti si prevede che non debbano raccogliere firme.Vessatoria perché discrimina i gruppi parlamentari nati dopo il gennaio 2017». Come dire, beccati questa Mdp, firmato Fiano.
E, a sinistra è tempo di messaggi e incontri. Domenica si riunirà la compagnia del Brancaccio, quella diretta da Tomaso Montanari e Anna Falcone, marginalizzati alla fine di un’estate in cui Repubblica ha deciso di puntare su Pisapia. C’eravamo lasciati ieri sera con Veltroni, che dal palco della festa di Imola blaterava luoghi comuni: «C’è un demone che si è sempre impossessato della sinistra: la sua ingegneristica capacità di dividersi, sempre. C’è sempre uno più a sinistra. Ma quando la sinistra si divide, vince la destra. È matematico. Il Pd è nato con l’ambizione di conquistare il consenso della maggioranza degli italiani: è una cosa enorme e vorrei tutti lo difendessimo. Mi auguro ci si riesca a incontrare su una piattaforma progressista, senza fare le compagnie del passato ma con un Pd partito di sinistra moderno, non senza identità: un partito che combatte le paure con la speranza». Però, signor Veltroni, ammetterà lei stesso che non ci vuole molto per essere a sinistra del Pd e di chi da quel partito è uscito dopo aver concluso un ciclo di macelleria sociale che Pinochet, Thatcher e Blair non avrebbero saputo farlo peggio.
Sinistra Italiana è in festa a Reggio Emilia e Fratoianni, il segretario dice ai microfoni di una radio che «Pisapia non è il mio leader, ma la cosa importante è avere un profilo chiaro sul programma, su cosa si fa e con chi. Con il Pd del jobs act e della buona scuola non si può avere un accordo né prima, né dopo il voto». E’ decisamente un’offensiva sull’ex sindaco di Expo. Ci si metterà anche Vendola: «A Giuliano consiglierei un po’ di umiltà con il mondo della sinistra. A chi è stato eletto in Parlamento nelle liste di Rifondazione comunista, a chi è diventato sindaco sulla base di una battaglia di un piccolo partito come era Sel contro il centrosinistra delle nomenclature, e che a quell’epoca si chiamava, badate bene, Bersani D’Alema, vorrei consigliare soltanto un pò di umiltà nel rapporto con questo mondo di sinistra… Giuliano mi sembra molto generoso, soprattutto nei confronti di se stesso». Sintetizzando il dibattito a sinistra con l’ex sindaco di Milano, Vendola aggiunge: «È come se ti dicessero che per vivere ti devi suicidare…Ecco io coltivo un altro tipo di sopravvivenza».
Così, però, Vendola fa incavolare Ciccio Ferrara, un tempo suo braccio organizzativo, ora braccio destro di Pisapia: «È paradossale imputare una mancanza di generosità e umiltà a Giuliano Pisapia mentre tutta l’informazione racconta delle offerte del Pd rifiutate, del suo disinteresse per scranni e poltrone, della rinuncia a fare persino il Ministro. Per questo le parole di Nichi Vendola ci lasciano sconcertati». Ferrara, vicepresidente del gruppo parlamentare Art.1-Mdp e tra i promotori di Campo Progressista, ripete il refrain del suo leader contro i personalismi: «Purtroppo siamo in un tempo in cui troppi cercano un posizionamento personale e uno spazio mediatico trovando nel vicino di casa il nemico. Un tempo che, anche assieme a Vendola, pensavamo di aver lasciato nei libri della peggior storia della sinistra. Sono mesi che lavoriamo per coltivare quella strada un tempo tanto cara anche a Nichi: quella che sta tra il minoritarismo e il governismo fine a se stesso, quella che mette la sinistra a combattere nel campo e non a bearsi di una purezza buona solo per riportare un pò di ceto politico in Parlamento». Trovare tracce di purezza, infatti, è uno dei lavori più difficili ma anche l’originalità è una risorsa scarsa nell’orbita del Pd.
Mdp, intanto, incassa l’alleanza coi Verdi. «Saremo in campo insieme. Vogliamo lavorare insieme per costruire un centrosinistra alternativo alle politiche sbagliate di Renzi», dice il leader Speranza dopo un incontro con Bonelli e Luana Zanella, preoccupati di non «ripetere scelte settarie e massimaliste». Traduzione: centrosinistra e al governo col Pd. Col Pd, appunto, «c’è una convergenza sulla legge di bilancio – dice Orlando dopo aver visto Speranza – le distanze rimangono sulle modalità di costruzione della coalizione e sulla legge elettorale».
Insomma quasi tutti giocano su due campi in attesa che la legge elettorale definisca se l’alleanza con il Pd debba avvenire prima o dopo le elezioni.
Il Rosatellum bis è stato depositato in commissione Affari costituzionali. Sulla carta l’accordo politico è significativo: il Pd e i centristi della maggioranza con l’apporto di Forza Italia e Lega. Eppure tra gli stessi contraenti del patto non manca lo scetticismo. Il Pd assicura che il tentativo è serio. Ma il timore di imboscate in aula, nei voti segreti, non viene nascosto. I tempi dei lavori in commissione non dovrebbero nemmeno essere troppo lunghi, diverse forze politiche hanno avanzato la data del 4 ottobre come possibile approdo in aula.