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Rosarno, «schiavi mai». Migranti in corteo dopo l’incendio

Rosarno, iniziativa Usb per denunciare le condizioni disumane nella tendopoli di San Ferdinando. La Caritas contro la marcia dei migranti

Il documento d’indentià di Becky Moses, uccisa dall’incendio
SAN FERDINANDO – “Schiavi mai”, “Basta discriminazioni, residenze per tutti”, “Le nostre vite più in alto dei profitti”. Con questi slogan scritti sui cartelli, un piccolo  gruppo di migranti ha partecipato questa mattina a una marcia per le vie di San Ferdinando, la cittadina della piana di Gioia Tauro, dove nella notte tra sabato e domenica è scoppiato un incendio nella vecchia tendopoli. Tra le fiamme ha perso la vita Becky Moses, una giovane nigeriana di 26 anni e altre due donne sono rimaste gravemente ustionate. La marcia, organizzata dall’Unione sindacale di base, ha voluto essere l’ennesima denuncia delle condizioni disumane in cui vivono gli immigrati nella zona tra San Ferdinando e Rosarno. L’obiettivo dei lavoratori stranieri e della sigla sindacale è quello di chiedere ancora una volta degli interventi risolutivi per cancellare la tendopoli simbolo di sfruttamento umano, di degrado ambientale, di condizioni igienico-sanitarie inesistenti.
L’Usb ha rivolto un appello a tutte le realtà sociali e politiche territoriali affinché sostenessero la marcia ma, in verità, stamattina a sfilare per le strade sono stati solo pochi migranti. L’incendio di sabato notte è scoppiato nella tendopoli vecchia che molti lavoratori stagionali non hanno mai voluto abbandonare, preferendola al nuovo campo attrezzato, realizzato mesi fa grazie alla collaborazione tra diverse istituzioni ed enti locali. Nella vecchia tendopoli andata quasi completamente distrutta dal rogo di sabato notte, vivevano fino all’altro giorno 1800 persone. Nella nuova, invece,  risiedono almeno 500 migranti. Dopo l’incendio è stata realizzata una tensostruttura con 250 posti letto; inoltre è stato ricavato un dormitorio in un grande magazzino allocato nell’area industriale all’interno della quale la tendopoli è nata. Qualche migrante ha anche ricostruito subito la propria baracca dopo l’incendio.

Un’altra immagine della tendopoli distrutta dalle fiamme

“La tendopoli attrezzata – spiega don Vincenzo Alampi, diacono della Caritas di Oppido-Palmi – è stata voluta proprio perché la vecchia era ormai invivibile. Abbiamo partecipato a tanti tavoli interistituzionali perché il nuovo campo fosse realizzato per garantire migliori condizioni di vita ai lavoratori, ma purtroppo molti di loro non si sono voluti spostare perché non vogliono sottostare alle regole che vigono nella nuova tendopoli”. Alampi continua: “Dobbiamo far ragionare i migranti, far capire loro che non c’è lavoro per tutti e che la tendopoli è pericolosa”. Il diacono della Caritas non condivide l’iniziativa della marcia: “La risoluzione a questa situazione – asserisce – la vogliamo ragionare con gli enti e le istituzioni. Come Caritas ci mettiamo in gioco tutti i giorni,  noi provvediamo ai bisogni primari di queste persone insieme alla protezione civile che ha messo a disposizione una grande cucina da campo. Stiamo cercando in tutti i modi di trovare per loro una sistemazione degna di questo nome. Gridare contro è facile, essere operativi sul posto è un’altra cosa. La Caritas – conclude Alampi – continua ad essere vicina ai migranti con rispetto”. Don Roberto Meduri, parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova che si prodiga quotidianamente per i lavoratori immigrati della piana, sottolinea: “Il problema per i migranti è sempre il permesso di soggiorno, il fatto che le questure lavorano tutte a velocità diverse. Se avessero il permesso in tasca, molti di loro sarebbero già da tutt’altra parte”.

Don Roberto è critico contro la nuova tendopoli che, secondo lui, “non funziona. E’ solo un tetto sulla testa delle persone. Non funzionano i servizi”. Il parroco lamenta il fatto che non ci sia uno sportello dedicato ai migranti per offrire loro la consulenza di cui hanno bisogno. “Non siamo organizzati – commenta il sacerdote – non abbiamo associazioni che si mettono insieme. Noi come parrocchia continuiamo a prodigarci per i migranti, ma la nostra sola forza non basta”. Becky Moses era arrivata due anni fa dalla Nigeria, a Riace era stata ospite di un centro di accoglienza straordinario; nel piccolo paese guidato dal sindaco Mimmo Lucano stava mettendo radici ma la commissione territoriale le ha negato la richiesta di asilo politico. Quindi, avendo ricevuto il diniego e non potendo essere trasferita in uno Sprar, Becky ha fatto ricorso ma non l’ha spuntata. Ha deciso perciò di andare via da Riace e di spostarsi a San Ferdinando dove c’erano altri nigeriani suoi conoscenti. Un ultimo viaggio della speranza finito nel rogo di sabato notte. (Maria Scaramuzzino)

© Copyright Redattore Sociale

TAG: MIGRANTI, ROSARNO

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