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Codigoro, l’incendio che ruba l’aria a chi lavora

Pomposa, Codigoro, Ferrara: brucia da giorni lo stabilimento ex Falco Kastamonu. Bugie istituzionali  e silenzio dei media. Lavoratori trattati come schiavi  

da Firenze, Associazione Mariano Ferreyra

Ci troviamo nel cuore del Parco Regionale del Delta del Po, a due passi dalla deliziosa Comacchio e vicinissimi alla Riserva Naturale di Bosco Mesola.  Lungo la Statale Romea, proprio di fronte all’Abbazia di Pomposa, intorno alle ore 13 di sabato 14 luglio si alzano le fiamme.

Dalle prime notizie sembra sia andato a fuoco un enorme mucchio di trucioli ammassati nel piazzale della Kastamonu, multinazionale turca che da poco ha portato in zona 300 preziosissimi posti di lavoro nel settore della lavorazione del legno.

Nonostante l’immediato intervento dei Vigili del Fuoco non si riesce a spegnere l’incendio e non si riuscirà a farlo per diversi giorniCon il passare delle ore l’odore diventa insopportabile e – a seconda del vento – arriva fino alla costa o fino al capoluogo, Codigoro. Chi abita nelle vicine frazioni non può né stendere i panni né aprire le finestre.

Il Sindaco – nonostante non sia stata fatta alcuna analisi dell’aria – rassicura: nessun rischio per la salute. La zona non viene messa in sicurezza, si continua a lavorare nei campi e nelle fabbriche. Restano aperti i campi solari estivi per i bambini. Si continua la lavorazione anche nella limitrofa Conserve Italia che trasforma per Valfrutta e altri ciò che finirà sulle tavole di tutti noi.

L’odore del fumo, oltre ad essere sempre più insopportabile, fa pensare a qualcosa di diverso da semplice legname, ma nell’incertezza nessuna precauzione viene presa, si continua a vivere, lavorare e respirare, mangiando quel che viene coltivato: nessun problema per la salute.

Quando sono già quattro giorni che l’enorme “catasta di legna” sta bruciando arriva l’ordinanza del Sindaco (contingibile e URGENTE – a giorni di distanza dalle prime fiamme) che dispone l’applicazione di alcune cautele (ma fino ad adesso si è mangiato e respirato di tutto).

Non c’è ancora traccia di risposta circa il monitoraggio dell’aria e NON VIENE PRESA ALCUNA PRECAUZIONE NEI CONFRONTI DI LAVORATORI, né della Kastamonu, né degli stabilimenti limitrofi, né tanto meno dei braccianti agricoli che lavorano spostandosi a seconda della direzione del fumo.
A sera su Conserve Italia scende la «nebbia» e si è costretti a interrompere ogni tanto la produzione uscendo nel piazzale dove la situazione è leggermente migliore rispetto al chiuso. Qualcuno accusa capogiri, malori, irritazione delle vie aeree e difficoltà respiratoria e deve rivolgersi al Pronto Soccorso.

Il 21 luglio arrivano dall’ente preposto (Arpae) i primi risultati, relativi però solo alla qualità dell’aria. L’ordinanza viene revocata in ogni sua parte, anche per quanto riguarda pesca e foraggi, senza che siano disponibili i risultati delle analisi del terreno e delle acque (l’acqua usata per provare a spegnere l’incendio ha continuato per giorni ad affluire nei canali e nel terreno).

Sui social compaiono – da parte di operai Kastamonu evidentemente impauriti e rispettosi del padrone – inviti a non diffondere le foto che dimostrano che quello sta bruciando non è solo legna, si arriva alla ridicola accusa di spionaggio industriale.

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E nel silenzio il mostro, come ormai viene chiamato, continua a bruciare.
Nonostante ci siano sul posto Vigili del Fuoco e 60 lavoratori di Kastamonu, che ha stanziato ben 3 milioni di euro per spegnimento e bonifica.
Nonostante i bulldozer che dovrebbero dividere l’enorme montagna. Nonostante tutto, il mostro brucia, lontano il più possibile da sguardi indiscreti: “qui non entra nessuno”. Perché a guardia del sito ancora infuocato ci sono uomini dell’Associazione Nazionale Carabinieri.

Il divieto varrebbe anche per la Rai, Mediaset, La7, Sky, se solo di loro ci fosse traccia!!!!

Nella attigua Conserve Italia i 1300 lavoratori fanno un continuo poco sano aerosol. E i media nazionali tacciono malgrado la presenza di questa grossa realtà. O forse non tacciono malgrado, tacciono anche per questo: “la produzione non si può interrompere” ci dicono, e poi a giorni si inizia a lavorare il pomodoro. Sarebbe un danno economico enorme. I lavoratori possono ben “sopportare” un po’ – in fondo hanno un lavoro.
Soprattutto nel turno di notte l’odore, quando aumenta l’umidità, si fa acre e l’aria diventa irrespirabile. E nel fumo, dal fumo, prendono corpo le nostre domande come fantasmi che non lasciano la nostra mente:

1) LA SALUTE DI LAVORATRICI E LAVORATORI – E DEI CITTADINI TUTTI – È TUTELATA?
In una provincia nella quale ci si ammala di tumore più che a Taranto l’attenzione alla salute pubblica è un dovere al quale nessuno si può sottrarre, soprattutto le autorità preposte alla sua tutela, primo tra tutti il Sindaco.

2) COSA È BRUCIATO? Le foto fatte all’enorme catasta non lasciano dubbi, non è solo legno. Gli inviti arrivati attraverso i social a non divulgarle sembrano confermare che ci sia qualcosa da nascondere.
Oltretutto il dubbio che non si sia detta e non si dica la verità è legittimato dalle contradditorie dichiarazioni: in un primo tempo si è asserito che la catasta che stava bruciando fosse di 40mila metri cubi, che sono poi diventati 130mila, per arrivare a 180.000 metri cubi di materiale inizialmente denominato scarti legnosi, per poi arrivare a capire che sotto forse c’è del laminato, anzi no, pare ci sia di tutto. E perché una catasta di quelle dimensioni, uno stoccaggio fuori regola, era lì?
I risultati dell’analisi dell’aria arrivano poi in anticipo sul previsto, giusto in tempo per rassicurare tutti prima dell’inizio della lavorazione del pomodoro in Conserve Italia.
Risultati che però a leggerli con attenzione NON si dimostrano così ampiamente rassicuranti per la salute pubblica, come invece sostiene l’Azienda Sanitaria in un commento oltretutto non firmato: nei campioni compaiono sostanze tutt’altro che innocue, come la formaldeide, sostanza cancerogena i cui valori sono deputati bassi solo perché paragonabili a quelli rilevati nelle grandi città a elevato traffico o in siti produttivi che fanno lavorazioni di metalli con uso di oli lubro-refrigeranti. E qui si respira per più ore continuative e in ambiente chiuso.
Ma non solo formaldeide. A preoccupare sono anche i livelli di acroleina, responsabili – secondo l’Azienda Sanitaria – degli effetti irritativi segnalati dalla popolazione esposta ai fumi e che si è presentata al Pronto Soccorso. L’acroleina è una sostanza tossica per il fegato e irritante per la mucosa gastrica, la si produce bruciando olio ad alte temperature: quindi è ovvio che ci chiediamo cosa mai ci fosse nella “catasta di legna” che legna forse proprio proprio non è.

3) COSA HA SCATENATO L’INCENDIO? Il 16 luglio nel comunicato scritto a quattro mani da Comune di Codigoro e Kastamonu in una impressionante commistione di interessi (ma si sa, come continua a ripetere il sindaco, hanno portato 300 preziosissimi posti di lavoro, …), leggiamo che “I Vigili del Fuoco hanno confermato che l’incendio si è propagato in seguito all’autocombustione dovuta alle bombe d’acqua delle precedenti settimane, le quali poi, a causa delle temperature elevate, hanno causato un processo esotermico che ha portato alla fermentazione dei materiali che hanno generato l’incendio. Ausl e Arpae stanno monitorando la qualità dell’aria.”
Oggi da fonte sicura abbiamo saputo che finché l’incendio non si sarà completamente esaurito gli esperti dei Vigili del Fuoco del Comando di Ferrara non possono dire se il rogo sia stato di natura accidentale (autocombustione) oppure di origine dolosa. C’è una bella differenza tra questa notizia accertata e il comunicato del 16 Luglio che perde sempre più di credibilità.

Tutto questo avviene in una situazione ambientale a dir poco problematica.
I lavoratori che hanno provato ad alzare la testa manifestando preoccupazione per la propria salute e chiedendo chiarezza sono stati sottoposti sui social network a una indegna gogna mediatica da parte di colleghi e di persone che vivono nella stessa zona. HANNO TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETÀ.
Per il resto è silenzio, paura a parlare anche garantendo l’anonimato…
I lavoratori non sono stati tutelati neanche dalla loro RSU (ma ce l’avranno? viene da dubitarne): nessun comunicato sindacale da parte di nessuna sigla… non sembra neanche di essere nell’Emilia che credevamo rossa e che invece qui sembra essersi fermata al Medioevo dove tutto era dovuto “al padrone”.

E adesso fate zapping, sentite cosa vi raccontano su questa vicenda i media nazionali, magari davanti a un plastico… Noi non ci fermeremo qui, continueremo a pretendere chiarezza: attendiamo risposta alle mail inviate ad alcune istituzioni che per il momento tacciono.
Nel respingere al mittente qualsiasi invito a tacere, confermiamo la nostra convinzione che NON SI BARATTA LA SALUTE CON PROFITTO E POSTI DI LAVORO: CHI TACE È COMPLICE. NON UN PASSO INDIETRO PER QUANTO CI RIGUARDA

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