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Gilet gialli, act X: Liberté, Egalité, Flash Ball. Le jaune est toujours là!

Francia, il giallo è sempre là. Il decimo atto vede ancora 84mila manifestanti. Molti gridavano Liberté, Egalité, Flash Ball. Le cifre della repressione

Dall’inizio del movimento dei gilet gialli, il 17 novembre 2018, 94 dimostranti sono stati gravemente feriti dalla polizia, secondo il computo di CheckNews, la sezione di approfondimento del quotidiano Liberation. Undici nuove vittime sono state aggiunte a questo censimento dopo gli scontri di Act IX, il nono atto, lo scorso sabato. Il conteggio si basa sui dati reperiti sui social network, sul censimento del sito Désarmons-les, un collettivo “contro la violenza di stato”, con qualche analogia alle esperienze italiane di Acad e di Osservatorio Repressione, nonché che sul censimento della violenza della polizia condotto su Twitter dal giornalista freelance David Dufresne. Le differenze tra le cifre di Libé e quelle di Désarmons-les o Dufresne, sono spiegate dal fatto che alcune denunce non passano attraverso i social network ma giungono direttamente al collettivo e che Dufresne fa un conteggio della violenza della polizia, che comprende sia le gravi lesioni sia il comportamento abusivo della polizia. La definizione di “ferito gravemente” è ovviamente soggettiva e riunisce ferite di diversa natura e gravità: alcune persone manterranno le disabilità per la vita (perdita di una mano o di un occhio) quando altri se la caveranno con delle cicatrici. Sono state considerate gravi le amputazioni, la perdita di funzione principale di alcuni organi, le fratture, frammenti di granate incrostati, gravi ustioni, ma anche tutte le ferite aperte a livello della testa. Gli ematomi, a volte insolitamente grandi, causati da proiettili difensivi (LBD) o manganelli non sono stati contati. Dei 94 feriti gravemente (tra cui 10 donne), 69 hanno dichiarato di essere stati colpiti proprio da proiettili difensivi, molti dei quali nella testa, provocando la perdita di un occhio in quattordici casi. Al catalogo è stato aggiunto il nome di Zineb R, ottantenne morta a Marsiglia dopo aver ricevuto una granata lacrimogena in faccia.

I proiettili difensivi sono i cosiddetti flash-ball, si tratta dell’arma cosiddetta non letale data in dotazione agli agenti francesi dall’inizio delle proteste dei gilet gialli. La polizia transalpina, nell’occhio del ciclone, prova a ridimensionare il bilancio dai microfono di Rtl parlando di Quattro manifestanti hanno perso l’uso di un occhio e altri due di una mano. Un bilancio contestato da Désarmons-les (Disarmiamolì), che parla di un totale di 17 manifestanti ridotti in condizioni di disabilità e quattro persone che hanno perso una mano e 98 feriti gravi. L’unico dato confermato in modo ufficiale è quello fornito dal ministero dell’Interno, con mille feriti tra gli agenti e 1700 tra i manifestanti. Dall’inizio delle proteste, il 17 novembre, la giustizia ha aperto 75 inchieste in seguito alle denunce per presunte violenze della polizia. Dinanzi alle polemiche, il direttore generale della Police Nationale, Eric Morvan, ha inviato ieri un telegramma ai suoi uomini. Rivelato da France 3, il documento elenca le rigorose condizioni di utilizzo del flash-ball nel corso delle operazioni di mantenimento delle forze dell’ordine.

Nella missiva inviata agli agenti il capo della polizia ricorda che l’arma sparacilindri in gomma LBD da 40mm, che ha ormai sostituito il vecchio Flash-ball, «può rappresentare una risposta adatta per dissuadere o neutralizzare una persona violenta e/o pericolosa». Ma «chiede» agli agenti o di «vegliare rigorosamente al rispetto delle condizioni operative» di utilizzo, come gli «intervalli di distanza», il fatto di usare «un solo tipo di munizione», colpire «esclusivamente il torace come anche gli arti superiori od inferiori». Inoltre, prosegue il direttore generale della polizia, «non appena le condizioni operative lo permettono», gli agenti dovrebbero «accertarsi dello stato di salute della persona e fornire assistenza medica se il suo stato di salute lo richiede». Nella lettera interna rivelata dalla stampa transalpina, Morvan invita infine la polizia al «rigoroso rispetto delle disposizioni contenute in questo messaggio e di dare istruzioni imperative affinché vengano ricordate durante le riunioni operative che precedono ogni operazione di mantenimento dell’ordine». Del tema s’è occupato in prima pagina anche Le Monde, che parla di decine di feriti gravi causati dall’uso dei lanciatori anti-sommossa LBD. Il quotidiano parigino evoca, tra l’altro, casi di «mascelle strappate» e «guance lacerate». Ma anche di un individuo in coma farmacologico a Bordeaux. Nel 2016, la polizia francese ha usato il lanciatore LBD 2495 volte, in aumento del 46% rispetto al 2016, ma il ministero si rifiuta di fornire il dato dall’inizio della crisi delle casacche gialle.

Già nel 2018, il difensore dei diritti Toubon lanciò l’allarme sulla «pericolosità» e i «rischi sproporzionati» degli Lbd. Su Le Monde, anche un gruppo di personalità della gauche, tra cui Eva Joly (Europe Ecologie Les Verts) e Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise), chiedono il divieto dei nuovi flash-ball. Mentre su Twitter circolano le foto, a volte impressionanti, dei feriti pubblicate dal giornalista indipendente, David Dufresne.

E’ con questo bollettino di guerra impressionante che sabato 19 gennaio sono scesi in piazza per la decima settimana consecutiva. In tanti scandendo lo slogan: «Liberté, Egalité, Flash Ball».

Si è parlato di 27mila gilet gialli, stando alle prime cifre comunicate dal ministero dell’Interno così da imbeccare i media francesi a strillare sul calo rispetto alla settimana scorsa quando vi fu una ripresa della protesta con 84mila manifestanti, 8mila dei quali a Parigi. E’ stata la prima protesta dopo l’avvio del dibattito nazionale voluto dal presidente Emmanuel Macron per riallacciare il dialogo con i cittadini. In serata, però, lo stesso ministero francese, corregge al rialzo le stime e si scopre non solo che la mobilitazione è stata ordinata, strutturata e pacifica, con qualche raro episodio di violenza inscenato a fine giornata da sparuti gruppi di casseurs ma anche che il bilancio del decimo atto delle proteste dei gilet gialli, a due mesi dall’inizio del movimento il 17 novembre scorso, secondo i dati uffuciali, oggi sono stati 84mila a livello nazionale, di cui 7mila a Parigi, dati pressoché invariati rispetto alla settimana scorsa. Secondo il primo conteggio realizzato dai gilet gialli, che da ieri hanno una specifica app GJ-France, i partecipanti sono stati pochi di più, 86.110. A Lille, qualche settimana dopo la loro apparizione scenografica sugli Champs-Elysées, sono riapparse tra i gilet gialli le Marianne: questa volta il piccolo drappello non era a seno nudo ma truccato con falsi lividi e finti ingessature. Come sabato scorso, erano 80mila gli agenti dispiegati, di cui 5mila a Parigi. Lo svolgimento pacifico dei cortei – molti, questa volta, erano stati dichiarati alla questura – è nettamente migliorato anche grazie all’introduzione, dalla scorsa settimana, di un vero e proprio servizio d’ordine dei gilet-gialli in coordinamento con la polizia. A quanto si apprende, circa 150 gli angeli custodi volontari, individuabili da una fascetta bianca, hanno vegliato alla sicurezza del principale corteo parigino partito dall’esplanade des Invalides. «Abbiamo visto tanti feriti, in molti erano ormai reticenti a venire. Quindi abbiamo assunto le nostre responsabilità e ci siamo detti che era importante, anche per la nostra sicurezza, evitare che ci fossero infiltrati esterni, che ci manipolano causando ulteriori violenze», ha spiegato uno di loro, Faouzi Lellouche, citato da Europe 1. Tra i tanti volontari in berretto da militari, anche ex combattenti del Donbass, nell’est dell’Ucraina. Incluso Victor Lenta, un ex paracadutista del terzo reggimento di Carcassonne considerato vicino all’estrema destra. Ma gran parte di loro sono «semplici cittadini, gilet gialli come altri», assicurano i manifestanti. A Parigi, la situazione è degenerata solo al termine del corteo, in zona Invalides, quando uno sparuto gruppo di facinorosi col volto coperto è entrato in azione lanciando oggetti contro gli agenti, che hanno risposto con i cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Qualche episodio di violenza anche a Angers e Tolosa, che oggi ha segnato il record di partecipanti, con 10.000 persone in piazza e appena una decina di fermi. Secondo la prefettura di Parigi, sono gli 42 individui fermati nella capitale. 49 i fermi a Bordeaux. A Parigi, un gruppo di giornalisti si era riunito in mattinata sotto alla statua della Marianna in Place de la République per dire «stop alle violenze» contro i media. Ma, contrariamente al nono atto, non si segnalano particolari aggressioni contro troupe televisive o giornalisti a margine dei cortei. Nel tam tam dei social alcuni avevano chiesto di protestare con rose o candele e osservare un minuto di silenzio in omaggio ai feriti degli ultimi due mesi. Alcuni hanno brandito cartelli neri a forma di bara per omaggiare i morti. La prefettura locale ha intanto smentito la notizia di un morto a Rennes, circolata sui social. Secondo un comunicato, si è trattato di una donna asmatica soccorsa da un’ambulanza dopo che la polizia ha fatto uso di lacrimogeni. A Parigi, riferisce Le Figaro, alcuni manifestanti lamentano ancora di essere stati feriti da tiri di flashball, pistole con proiettili di gomma in dotazione alla polizia francese, il cui uso ha sollevato molte polemiche.

“Le jaune est toujours là!”, il giallo è sempre là, scrive il sito dell’Npa, il Noveau parti anticapitaliste: «Il movimento cambia volto, rotatorie, dighe o pedaggi essendo stato in gran parte abbandonato – o evacuato manu militari – a favore di eventi e riunioni più centrali, ma è iscritto nel lungo periodo. È radicato e organizzato, con assemblee generali più strutturate, l’aspetto dei servizi di ordine per le dimostrazioni … Tuttavia, le contraddizioni continuano a pesare: al di là della critica giustificata del costo della vita, il rifiuto del disprezzo sociale di coloro che vengono dall’alto che l’amministratore delegato incarna alla perfezione, la critica alla distribuzione ineguale ricchezza, i giubbotti gialli non sono riusciti a stabilire misure di rivendicazione specifiche. E di fronte al soffitto di vetro che affrontano, la difficoltà di mobilitarsi in massa per fare un nuovo passo, la ricerca di scorciatoie, come il referendum di iniziativa cittadina, continua a pesare. Ed è in questo status quo che politici reazionari o attivisti di fachos cercano di navigare …», scrive sul sito Manu Bichindaritz. L’estrema sinistra francese è molto scettica sulle reali intenzioni del Grand débat national (che è riuscito a cooptare uno dei principali sindacati, il Cfdt) lanciato da Macron con una lettera “spedita” martedì scorso dal piccolo comune di Bourgtheroulde. Quattro i temi principali da discutere (tassazione e spesa pubblica, organizzazione dello stato e dei servizi pubblici, transizione ecologica, democrazia e cittadinanza), un orientamento al servizio dei più ricchi ribadito chiaramente, “Non rivedremo i passi che abbiamo intrapreso per correggere ciò che deve incoraggiare gli investimenti e fare in modo che il lavoro paghi di più”. E due o tre trappole per seminare zizzania nel movimento adulando il pezzo più reazionario (quindi gli “obiettivi annuali” in materia di immigrazione come risposta all’impoverimento di ampie fasce della popolazione?). A sinistra si continua a immaginare che la mobilitazione, pur nella sua variegata espressione e composizione sia «chance pour notre camp social» nonostante la debolezza delle reti dei movimenti sociali e l’assenza di alternative dalle urne. Sabato 26, a Commercy, ci sarà un appuntamento per discutere della possibilità di costruire un coordinamento nazionale delle lotte per trasformare la collera in autorganizzazione permamente. La Cgt, sebbene non sia andata a Matignon lo scorso venerdì per discutere l’organizzazione del Grand débat, è tuttavia aperta a “dibattiti cittadini” a “rivendicazioni in bianco e nero di servizi pubblici, mobilità, salari” senza mettere ancora in campo lo sciopero, strumento insostituibile, in tempi di piena ebollizione sociale, per entrare – finalmente – in modo massiccio nell’azione, per un aumento sostanziale dei salari e delle pensioni.

 

 

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