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Genova, il sotterraneo dei tormenti della Gestapo

In occasione della Giornata della memoria, visita alla Casa dello studente di Genova occupata nel ’43 dalla Gestapo e divenuto luogo di tortura per partigiani e resistenti

da Genova, Ludovica Schiaroli

In occasione della Giornata della Memoria Genova Solidale organizza la visita alle celle e ai sotterranei della Casa dello Studente e una serie di conferenze sul tema.  Il 23, 24 e 25 gennaio dalle 9,30 sarà possibile visitare i luoghi dove la Gestapo torturava partigiani e resistenti, e dalle 10,30 si potrà – sempre gratuitamente – seguire le conferenze dedicate a “Fascismo e razzismo ieri e oggi” con Ivano Bosco della Camera del lavoro di Genova il 23 gennaio, il giorno successivo il tema della conferenza sarà invece “Hannah Arendt e la banalità del male” mentre venerdì 25 la conferenza verterà su “La ricerca di un capro espiatorio come veicolo del consenso. Come è nato e come può rinascere il fascismo”. Per informazioni: centrodocumentazionelogos@gmail.com oppure telefonare 3891520260 o visitando il sito.

Fa un certo effetto entrare in quella che oggi è la mensa della Casa dello studente, superare una porticina e trovarsi nelle celle dove la Gestapo torturava partigiani e resistenti. Venivano portati qui, interrogati, torturati e poi mandati nel carcere di Marassi, al Forte San Giuliano o sul Turchino e alla Benedicta a morire. Sono celle grandi un metro e mezzo per un metro, dove venivano ammassati anche dieci prigionieri alla volta, tenuti in piedi, a tempo indefinito dove potevano sentire le urla provenienti dal piano di sotto, luogo della tortura.

E’ l’ottobre del 1943 quando la Casa dello Studente viene occupata dalla Gestapo. Lo annota il direttore: “ci chiesero il primo e il secondo piano”. Accade così che quella che dal 1935 era il luogo che Mussolini e i fascisti avevano pensato per educare i ragazzi meno abbienti, diventa il commando della polizia politica tedesca da dove coordinava tutte le sue azione su Genova e l’entroterra.

Dalla quarta sezione del carcere di Marassi venivano portati alla Casa dello Studente e dopo una sosta nelle celle, trasferiti al piano di sotto. Un corridoio umido con le pareti bianche, lungo venti metri accoglieva i prigionieri che qui venivano torturati. Alzando lo sguardo si vedono ancora i fili elettrici che servivano per illuminare l’ambiente e allo stesso tempo per torturare gli uomini e le donne reclusi. “Ci applicavano elettrodi ai genitali e alle parti del corpo dove il dolore era più acuto”, si legge in una testimonianza. Oggi lungo le pareti sono riprodotte le lettere d’addio di tanti partigiani e resistenti di tutta Europa, per lo più giovani di vent’anni che scrivono ai loro cari. “Ragazzi da tutta Europa – ci spiega la guida – francesi, tedeschi, austriachi, jugoslavi, che nonostante sappiano che sono condannati a morte rivendicano la scelta della lotta”. Così scriveva prima di morire a 24 anni Walter Fillak ai suoi genitori: “sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole di aver fatto tutto il mio dovere di italiano e di comunista. Ho amato soprattutto i miei ideali, pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare, anche la vita. Ho combattuto per la liberazione del mio Paese e per affermare il diritto dei comunisti alla riconoscenza e al rispetto di tutti gli italiani.” Un altro prigioniero, Paul Camphin, francese di 21 anni scrive: “io resto un comunista sino in fondo, non rimpiango nulla, solo di non aver fatto abbastanza, se dovessi ricominciare una seconda vita, la ricomincerei simile alla prima. Andrò verso il plotone cantando la Marsigliese o l’Internazionale”.

Finita la guerra, la Casa dello studente resta chiusa qualche anno e poi riaperta, ma si preferisce cancellare la memoria di quello che lì è accaduto. Sono gli anni in cui Togliatti firma l’amnistia, si vuole pacificare il Paese e cancellare velocemente le ferite dopo gli anni della guerra civile. Le celle vengono rintonacate e trasformate in magazzini, il sotterraneo dei tormenti viene chiuso e la casa della tortura ritorna la Casa dello studente. Ma chi da lì è passato ed è sopravvissuto non dimentica.

Sono gli anni della contestazione studentesca e la Casa dello studente diventa un punto di riferimento politico e qui alcuni figli di partigiani, nel 1972 durante un’occupazione, decidono con l’aiuto di alcuni cuochi di tirare giù i muri e di aprire quelle porte che erano state chiuse o murate. “Sono state scoperte a Genova le tragiche celle della Gestapo”, titolava il 20 novembre 1972 La Stampa.

Se oggi è possibile visitare questi luoghi è grazie all’attività di volontariato fatta dal Direttivo della Casa dello Studente, dall’Anpi e da alcuni compagni di Lotta Comunista, che vorrebbero fare di questo luogo un museo internazionale dedicato a Rudolf Seiffert, operaio della Wemer Werke Siemens resistente, arrestato e decapitato dalla Gestapo del penitenziario di Brandeburgo a Berlino il 29 gennaio 1945.

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