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Rojava, l’invasione continua. Manifestazione nazionale a Roma

La Turchia se ne frega del cessate il fuoco. Le infografiche su chi vende le armi a Erdogan. 1 novembre tutti a Roma a fianco del popolo curdo

L’invasione turca in Siria del nord continua. L’agenzia di stampa curda ANF riporta le parole di una combattente YPJ Heja Serxwebun ferita a Girê Spî: «Non c’è un cessate il fuoco. Continuiamo a essere attaccati. Vengono impiegati aerei da guerra e droni di ricognizione. Abbiamo sventato gli attacchi, ma gli attacchi continuano nonostante il presunto cessate il fuoco. Nonostante questo la nostra resistenza continua indomita». Da dodici giorni va avanti la guerra di aggressione della Turchia.

La resistenza delle Forze Siriane Democratiche (FDS) e della popolazione ha provocato un’eco a livello mondiale. Il 17 ottobre tra gli USA e la Turchia è stato negoziato un accordo di cessate il fuoco. L’esercito turco e le sue truppe ausiliarie islamiste nonostante questo continuano a attaccare. Sabato il villaggio di Qizeli presso Girê Spî (Tall Abyad) è stato attaccato con cacciabombardieri e obici. Due combattenti FDS e persone appartenenti alla popolazione civile hanno perso la vita. Heja Serxwebun è stata ferita nell’attacco. Per tutta la notte è rimasta all’interno del cerchio dell’assedio. Secondo indicazioni attuali della Mezzaluna Rossa Curda dall’inizio del presunto cessate il fuoco 20 civili sono stati uccisi dalle truppe di invasione.

 

Diversi rapporti stanno giungendo sull’utilizzo da parte dello Stato turco di armi proibite nella sua offensiva militare per invadere il nord e l’est della Siria. I giornalisti che stanno coprendo l’incursione a Gire Spi (Tal Abyad) e Serekaniye (Ras Al-Ain) hanno denunciato l’utilizzo turco di armi proibite, oltre all’utilizzo di mortai, l’artiglieria, gli obici e gli attacchi aerei.

Corrispondenti dell’agenzia stampa Jin News, agenzia Mesopotamya (MA) e dell’agenzia Hawar (ANHA) che stanno seguendo gli sviluppi su campo, hanno rivelato ulteriori rapporti disturbanti dalla zona. I giornalisti affermano che gli attacchi che hanno sfidato il “cessate il fuoco” hanno preso di mira anche l’Ospedale Roj dove vengono curati decine di feriti. Anche un rapporto di Amnesty International ha denunciato “prove schiaccianti di crimini di guerra e altre violazioni da parte delle forze turche e dei loro alleati nella Siria settentrionale”.

L’Archivio Disarmo ha pubblicato il dossier “L’attacco della Turchia al Rojava siriano” 2019 che comprende due report e un’infografica a cura di Serena Doro e Benedetta Giuliani, che analizzano lo stato della crisi nel Rojava siriano a seguito dell’operazione militare intrapresa dalla Turchia. I documenti offrono un quadro esaustivo dell’export di materiale bellico occidentale destinato alla Turchia. Scarica qui il report sull’export di armi dall’Italia alla Turchia

Scarica qui il report sull’export internazionale di armi alla Turchia

La dirigente di TEV-DEM (Movimento della Società democratica) Foza Yusif ha affermato che i medici nella zona dovrebbero condurre un’analisi sull’utilizzo di armi proibite e condividere i risultati con gli organismi internazionali interessati, dagli esperti di Medici senza Frontiere fino a quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «L’opinione pubblica mondiale dovrebbe vedere sul campo come qui il presidente turco Erdogan perpetra un genocidio».

 

«Questa invasione viene portata avanti con il pretesto di un presunto problema di sicurezza e di pericolo per la Repubblica Turca ma da quando ha avuto inizio il conflitto in questa regione, ossia a Marzo 2011, nessun tipo di iniziativa o attacco sono stati intrapresi né contro il confine, né tanto meno contro la Turchia», ricordano UIKI, Comunità Curda in Italia e Rete Kurdistan, nell’appello che lancia la manifestazione nazionale, a Roma, per il prossimo 1 novembre.  «L’Italia, l’Europa e la comunità internazionale tutta non possono restare indifferenti. Deve essere compiuto con effetto immediato ogni sforzo possibile per bloccare immediatamente l’invasione della Turchia in Siria. Ci sono già oltre 275 mila sfollati e nel frattempo, i miliziani di Daesh stanno scappando dalle prigioni e si stanno riorganizzando. Con questo appello invitiamo a scendere in piazza il 1° novembre a Roma, per chiedere: di fermare definitivamente la guerra e il ritiro immediato delle truppe della Turchia dal Nord – Est della Siria;  l’istituzione di una No-Fly-Zone nel Nord – Est della Siria sotto l’egida delle Nazioni Unite e della comunità internazionale e lo schieramento di una forza di interposizione, di fermare la cooperazione militare e diplomatica dell’Italia e dell’Unione Europea con la Turchia; la creazione di un corridoio umanitario per l’evacuazione dei feriti dalle zone di guerra; la liberazione immediata di Abdullah Ocalan in quanto unica persona in grado di ristabilire la pace nel territorio, dei Co-presidenti dell’HDP Selahattin Demirtaş e FigenYüksekdağ e di tutti gli oppositori politici rinchiusi nelle carceri Turche».

#ErdoganWarCriminal#PeopleNotTarget#StopBombingNorthEastSyria

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