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Germania: 3 nazi, 10 omicidi e 13 anni in fuga

La Germania, dopo lo scandalo Nsu, si chiede se i partiti apertamente neonazisti come quello dovrebbero essere vietati (Prune Antoine)

Berlino (Germania) – All’indomani dell’aggressione xenofoba a Erfurt nell’agosto 2020, due personalità politiche hanno parlato pubblicamente chiedendo la messa al bando e lo scioglimento del partito neonazista DER DRITTE WEG (III. Weg, La Terza Via).
Il vicepresidente esecutivo del Comitato Internazionale di Auschwitz, Christoph Heubner, ha dichiarato alla stampa: “Per i sopravvissuti dell’Olocausto e alla luce della storia tedesca, questo incidente è un segno dell’indigenza/impotenza di uno stato supposto funzionale”. Katharina König-Preuss, deputata del partito di sinistra Die Linke nel parlamento della Turingia, ritiene che un divieto sia necessario da tempo: “La Terza Via è stata in passato ripetutamente fonte di atti criminali in tutta la Germania. »
Intervistata in videoconferenza, la 40enne, con la faccia sorridente, i capelli neri e la sigaretta in bocca, va oltre. “In Germania c’è tolleranza, accettazione e sostegno per le idee di estrema destra tra i dipendenti pubblici che lavorano nel campo della sicurezza dello Stato, sia nella polizia, nella magistratura o anche nei servizi di intelligence”, dice senza battere ciglio.
La “denazificazione” intrapresa dopo il processo di Norimberga è stata a lungo un mito fondatore della Repubblica Federale. “Cinque agenti di polizia erano sulla lista dei deputati presentati dall’AfD allo stato della Turingia. Anche se sono essenzialmente soggetti al dovere di riservatezza e neutralità, e hanno il monopolio della violenza. Non capisco perché lo Stato, con i mezzi a sua disposizione, non sia in grado di contrastare il flagello neonazista”.
König-Preuss sa di cosa parla. Dal 2012, come membro della commissione d’inchiesta sulla NSU nel parlamento della Turingia, lavora per far luce sul più grande scandalo neonazista tedesco del dopoguerra: il “complesso NSU” (“Nationalsozialistischer Untergrund”, per “clandestinità nazionalsocialista”).
Un caso le cui zone d’ombra raccontano i fallimenti di un sistema giudiziario, di uno stato e di una società che non ha ancora dimenticato i fantasmi del suo passato. Nonostante il verdetto emesso nel 2018 dalla Corte d’Assise di Monaco, questa storia tedesca X non ha finito di rivelare tutti i suoi segreti.

“Regolamento di conti della mafia” e “Omicidi di kebab”

L’improbabile storia inizia nel turbine della Germania post-riunificazione: tre giovani tedeschi dell’Est ventenni, Beate Zschäpe, Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt, si incontrano a Jena, in Turingia, da dove vengono. Il Muro è crollato, loro sono persi e isolati in una DDR in stato di disintegrazione avanzata. Il trio si annoia tra Zwickau, una terra di nessuno al confine con la Cecoslovacchia, e Chemnitz, l’ex Karl-Marx-Stadt.


Il futuro ha opzioni limitate: diventare punk o fascio. In preda alla disoccupazione e galvanizzati dalle rivolte di Rostock contro gli immigrati vietnamiti nel 1992, i gruppi neonazisti stanno crescendo come funghi nei nuovi Länder orientali. La NSU si sta formando. Dai furti alle rapine, il trio viene arrestato e poi rilasciato, prima di cadere nella violenza e nella clandestinità. La radicalizzazione del “Bonnie & Clyde & Clyde” tedesco non ha limiti.
L’anno 2000 segna la loro transizione da piccoli criminali a criminali organizzati. L’11 settembre 2000, un fioraio turco di 38 anni di Norimberga, Enver Şimşek, viene ucciso da otto proiettili. Così, a casaccio. A seguire Colonia, Rostock, Colonia, Amburgo o Monaco. Tredici anni, dieci omicidi, quindici rapine e due attentati. Otto delle vittime sono piccoli imprenditori e immigrati turchi, uno era greco, l’ultimo era una poliziotta e tedesca.
Nonostante alcune prove concordanti, come il fatto che la stessa arma, una Česká CZ 83 calibro (di fabbricazione tipica del blocco orientale ceco), fu usata per ogni vittima, nessun investigatore collega i crimini. Le perquisizioni e le udienze si susseguono, e la polizia e la magistratura continuano ad attribuire questi crimini ad un “regolamento di conti in stile mafioso” all’interno della comunità immigrata.
Anche la stampa ha dei pregiudizi, e i titoli dei giornali sugli “omicidi del kebab” (“Doner Bite”) sono in aumento. Il trio non sarà individuato prima del 2011.
A novembre, dopo l’ennesima rapina, la polizia ha scoperto i corpi senza vita di Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt in un camper in Turingia. L’appartamento che il trio condivideva a Zwickau viene distrutto da un’esplosione. Due giorni dopo, Beate Zschäpe stessa si presenta spontaneamente alla polizia. Mentre il silenzio degli accusati perseguita le parti civili, il mistero della NSU si infittisce con le rivelazioni e i colpi di scena.
Come si può spiegare un’epopea così sanguinosa? Soprattutto, come possiamo capire una tale impunità? Per più di un decennio, la NSU è stata in grado di commettere crimini razzisti in tutta la Germania senza mai essere arrestata o anche solo sospettata dalle autorità.
Chiamato a volte “Braune Armee Fraktion”, in riferimento inverso ai combattenti della Frazione Armata Rossa, il “mastodontico” processo è iniziato nel 2013 presso la Corte d’Appello della Baviera a Monaco di Baviera. Nel 2018, dopo 379 giorni di udienze, 815 testimoni e 42 esperti, l’unica sopravvissuta del trio, Beate Zschäpe, è stata condannata all’ergastolo.
Ma una domanda è sulla bocca di tutti: le istituzioni tedesche, dalla polizia ai servizi segreti, sono state colpevoli di tollerare o addirittura incoraggiare il terrorismo di estrema destra? Come avrebbe potuto la NSU commettere i suoi crimini, nascondersi per dieci anni e ottenere denaro e armi senza il sostegno di una rete neonazista molto più grande? Perché i servizi segreti, che avevano molti informatori nel movimento neonazista, non sono intervenuti prima?
“Grazie al lavoro dei servizi segreti, degli informatori e della polizia, lo stato aveva tutte le informazioni possibili sulla NSU fin dai primi mesi”, dice Katharina König-Preuss. “Chi erano, chi li finanziava, chi li appoggiava, la loro ideologia, le loro reti, che avevano contrabbandato armi… Che questi dati non siano stati elaborati correttamente; che le decisioni non siano state comunicate tra i servizi, che non siano state diffuse per ragioni di protezione delle fonti o di complicità; che sia stata una questione di ragioni di stato o di mancanza di volontà politica, non lo so. Lo Stato non può dire di non essere stato informato. Lo ripeto ancora e ancora, tutti questi omicidi avrebbero potuto essere evitati”, ha martellato la deputata.
Come per il processo al terrorista Anders Breivik in Norvegia, il processo NSU avrebbe potuto essere un vero esame di coscienza per la Germania, portandola a mettere in discussione l’esistenza della tolleranza per il terrorismo di estrema destra. Dal 1945, c’è sempre stato un accordo pubblico, una linea rossa da non oltrepassare per quanto riguarda l’estrema destra. È stato violato da quando i deputati di Alternativa per la Germania sono entrati nel Bundestag nel 2014, un partito che ora è diventato la terza forza politica nazionale.

Prune Antoine è una giornalista francese freelance che vive a Berlino. Mediapart ha appena pubblicato un suo reportage in dieci episodi sul partito neonazista tedesco DER DRITTE WEG (III. Weg, La Terza Via). E’ arrivata in Germania nel 2008 quando non c’era nessun partito di estrema destra la cui influenza era paragonabile al Fronte Nazionale francese. La Germania sembrava essere risparmiata dall’ondata populista e sovranista in corso nei paesi confinanti. Ma, nel 2014 l’AfD entra nel Bundestag, in seguito all’ondata di rifugiati siriani. Nel 2015, sia la società che la politica cambieranno. I tabù cadono: xenofobia, antisemitismo, il paese sembra essere preso in una spirale accelerata di violenza e terrore. Come spiegare il moltiplicarsi di attentati sanguinosi, da Monaco a Halle, attraverso la fuga del gruppo terroristico NSU o l’assassinio di Walter Lübcke, i ripetuti scandali neonazisti nella polizia o nell’esercito e gli attacchi razzisti? L’impotenza dello Stato? Cosa è cambiato in Germania? La sua inchiesta inizia da questi interrogativi. Si imbatte in III.weg, un partito neonazista in crescita che propone azioni caritatevoli “solo per i tedeschi”: mense per i poveri o distribuzione di vestiti. Nella città di Plauen, in Sassonia, dove hanno istituito il loro primo “ufficio dei cittadini”, siedono persino nel consiglio comunale. Con un programma copia-incolla del nazionalsocialismo.

L’attentato di Hanau nel febbraio 2020 è l’ultima goccia. Antoine parte per la Sassonia, dove incontra il leader locale Tony Gentsch, che accetta di farsi seguire per qualche mese. Da febbraio a novembre 2020, è invitata al loro quartier generale, si metto in videoconferenza durante il lockdown, assiste ai loro eventi di beneficenza, incontra gli attivisti e partecipa al loro trekking annuale “famiglia-patria-comunità” e persino, in ottobre, a una parata marziale con rulli di tamburi e uniformi per le strade di Berlino. Viene fuori il racconto di un laboratorio neonazista – e un’epoca – la fine degli anni della Merkel e la pandemia, che svela la trappola di questi partiti che si moltiplicano dall’Ungheria alla Francia: darsi una patina sociale per camuffare meglio la loro violenza. Una modalità scimmiottata da queste parti da Casapound e Forza Nuova, ad esempio. 

Pochi mesi prima delle elezioni federali tedesche del 26 settembre 2021, il coronavirus diventa parte della storia che sta scrivendo. È la scintilla che minaccia di accendere la polveriera della democrazia tedesca. Complottisti, antivaccinisti ed estremisti di tutte le parti sono ora mobilitati dietro la parola #Querdenken, “pensare fuori dagli schemi”. Sarà questo il mantra dell’era post-Merkel?».

 

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