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Melilla, l’esternalizzazione delle frontiere uccide ancora

Sale il bilancio della strage di migranti a Melilla. Sanchez si complimenta con i gendarmi marocchini. Tweet choc di Salvini

Invasione?

Il saccheggio impunito delle multinazionali europee in Africa.
Accordi commerciali dell’UE.
Il cappio del debito estero.
Esportazioni di armi.
Commercio sleale.
Frontex.
Aiuto allo sviluppo condizionato al controllo della migrazione.

Questa è l’invasione

In corsivo, nel leed, il tweet di Miguel Urban, eurodeputato di Anticapitalistas dopo la strage, «pagata con i fondi europei» di venerdì 25 giugno a Melilla. «Le 45 persone uccise a Melilla hanno dei colpevoli, il regime marocchino, e dei responsabili, il governo spagnolo nel suo complesso. È il risultato della politica razzista dell’UE, che Pedro Sánchez non ha problemi ad accettare. Sono parte del problema e come tali ne chiediamo le dimissioni», ha detto ancora.
Oggi in tutto lo Stato Spagnolo le comunità migranti e le reti solidali hanno manifestato l’indignazione per un crimine annunciato. È salito a 37 morti e 50 feriti, secondo la Ong Caminando Fronteras, ma c’è chi parla di centinaia di feriti. La sua portavoce Helena Maleno ha detto che il bilancio delle vittime potrebbe aumentare nelle prossime ore. Fonti delle autorità locali di Nador, in Marocco, hanno specificato che due agenti delle forze di sicurezza marocchine e 33 migranti sono ancora ricoverati nelle città di Nador e Oujda, nel nord del Marocco. Le loro condizioni sono giudicate «stabili». Una strage causata dall’abuso da parte delle forze di polizia marocchine in collaborazione con quelle spagnole. Duro attacco del governo algerino contro le «autentiche esecuzioni sommarie» condotte dalle forze di sicurezza marocchine contro l’assalto di centinaia di migranti al confine dell’enclave spagnola.

«Le immagini di questa carneficina sono estremamente scioccanti», ha affermato l’inviato speciale del governo algerino per il Sahara occidentale e i paesi del Maghreb, Amar Belani, al portale di notizie algerino TSA. «Sono un esempio dell’estrema brutalità e dell’uso sproporzionato della forza che in queste circostanze assomigliano a autentiche esecuzioni sommarie», ha sottolineato. Belani ha incolpato il Marocco per quanto accaduto e ha chiesto un’indagine indipendente. «Questi tragici eventi mettono in luce la sistematica violazione dei diritti umani da parte di uno Stato che ha scelto, da un lato, di sfruttare il fantasma dell’immigrazione a scopo di ricatto politico e, dall’altro, di svolgere il ruolo di polizia – in cambio di contanti – nella gestione ‘esternalizzata’ delle frontiere esterne dell’Unione europea», ha affermato. Belani ha chiesto alle organizzazioni internazionali e in particolareal l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) di aprire un’indagine «indipendente e trasparente» per «accertare le responsabilità e chiarire questi tragici eventi che hanno incrinato la patina del presunto approccio umanitario nella gestione delle questioni migratorie». In Italia, invece, la disperata corsa per essere più feroce di Meloni, spinge Salvini a tweettare: «Guardate le immagini dell’invasione verso l’Europa». Qualcuno, nel Pd inorridisce, chiama la «carneficina» col suo nome (ad esempio Palazzotto, figura di sinistra ornamentale transitato da Si ai dem), ma il suo partito è l’artefice di accordi simili di esternalizzazione delle frontiere come quello stragista firmato con la Libia.

Il premier spagnolo Pedro Sánchez, socialista della stessa famiglia europea cui appartiene il Pd, sostiene che a Melilla sia andato in scena «un assalto violento e organizzato», tradottosi in un «attacco all’integrità territoriale» della Spagna, dietro al quale ci sarebbero «mafie che trafficano con esseri umani». Un argomento, quest’ultimo, condiviso anche dal Rni, il partito del capo del governo marocchino Aziz Ajanuch. Le agenzie, anziché di carneficina, parlano di «vittime della calca». «La Guardia Civil ha agito in questo caso, come sempre, nel quadro della normativa vigente e dei criteri di proporzionalità», ha risposto a riguardo all’ANSA un portavoce del Ministero dell’Interno. Il drammatico episodio di venerdì è stato il primo di questo tipo da quando, a marzo scorso, Madrid e Rabat hanno chiuso una lunga crisi diplomatica inerente il conflitto nel Sahara Occidentale, annunciando l’inizio di una «nuova fase» delle relazioni diplomatiche bilaterali. Da allora, dice Helena Maleno, da parte del Marocco è iniziata una «repressione durissima» sui migranti.

Una tragedia che AMDH, Association Marocaine des Droits Humains, tra le altre organizzazioni, ha raccontato in prima persona, testimoniando gli eventi, registrando immagini e video che mostrano l’enorme brutalità con cui la polizia ha agito nel tentativo di impedire l’ingresso dei migranti. Come denunciato in una dichiarazione congiunta da AMDH, Caminando Fronteras, il Collettivo delle comunità subsahariane in Marocco, l’Associazione di aiuto ai migranti in situazione di vulnerabilità e Attac Maroc, queste condizioni si protraggono da settimane: “Le campagne di arresti, le incursioni nei campi e gli spostamenti forzati contro le comunità di migranti a Nador e nella sua regione lasciavano presagire questo dramma scritto in anticipo”.
Secondo le associazioni nel comunicato, queste azioni sono segnate da “violazioni dei diritti umani dei migranti nel nord (Nador, Tetouan e Tangeri) e nel sud del Marocco (El Ayoun, Dakhla)”. Per più di un anno e mezzo, i migranti a Nador non hanno avuto accesso a medicine o assistenza sanitaria, i campi sono stati bruciati e le loro proprietà saccheggiate, il loro magro cibo distrutto e persino “la poca acqua potabile a loro disposizione nei campi è stata confiscata”. Lo riferisce la giurista e politologa, specializzata in diritti umani, Irene Graíño Calaza su elSaltodiario.
Quanto accaduto a Melilla si inserisce nel contesto della ripresa degli accordi di “cooperazione” tra Spagna e Marocco, un riavvicinamento tra il governo di Pedro Sánchez e il regime di Mohammed VI e, allo stesso modo, una perpetrazione del mancato impegno nei confronti del popolo saharawi. Basta ascoltare le parole di Sánchez, che venerdì sera ha ringraziato “la straordinaria cooperazione che stiamo avendo con il Regno del Marocco” e ha ringraziato il Marocco per le azioni della polizia a Melilla. Le immagini di AMDH Nador mostrano la violenza indiscriminata della polizia nel quadro di questa cooperazione tra i due Stati, centinaia di persone abbandonate, ferite, senza protezione e senza nessuno che le assista, di fronte all’omissione e alla mancanza di umanità degli organi di “sicurezza” di entrambi gli Stati.
In questo contesto, il confine meridionale diventa un giorno in più un luogo di orrore, disumanizzazione ed eccezionalità, dove le violazioni dei diritti umani contro i migranti si ripetono costantemente. Uno scenario di abuso della forza e dell’autorità, di violenza, di impunità e di criminalizzazione, protetto e applaudito da entrambi i governi con il pretesto dello schema di sicurezza della “politica di confine intelligente”.
La frontiera meridionale come porta d’ingresso e primo specchio di un’Europa fortezza, in cui alcuni migranti si fanno e altri no. Questa Europa, e questa Spagna, in cui vengono attuate politiche di selezione ed esclusione dei migranti, basate su criteri gerarchici di oppressione come l’origine, la nazionalità, il genere e la razza. È sulla scia di questi eventi e del rifiuto dei migranti provenienti dai Paesi del Sud globale che questi assi storici di oppressione diventano più chiaramente visibili: il razzismo e il colonialismo esacerbati che spiegano le politiche migratorie nazionali e dell’UE.
La Spagna e il Marocco “collaborano” e in questo quadro l’esternalizzazione diventa uno strumento indispensabile per il Marocco per assumere il ruolo di guardiano della porta d’ingresso ed effettuare il primo controllo di sicurezza attraverso la brutalità sistematica alla frontiera meridionale.  In questo modo, attraverso le misure di controllo delle frontiere e di securitización adottate negli ultimi anni, le politiche di “sicurezza” simboleggiano l’aspetto più letale, egoista e disumano del Nord globale che, a fronte della sua “sicurezza”, genera morte, violenza e violazione assoluta delle persone del Sud.
I migranti del Sud del mondo fuggono da massacri, guerre, occupazioni, crisi climatiche, esaurimento delle risorse, povertà estrema e fame, di cui il Nord del mondo – negando loro l’accesso e condannandoli a morte – è direttamente responsabile. Sono gli effetti della storia, una storia di cui questo Nord ha fatto parte, anche se non vuole parlarne. Una storia di saccheggio estremo delle risorse, di stupri, di colonialismo, di estrattivismo, di abusi, di collaborazione con dittature ed élite di potere, di vendita di armi e di una lunga serie di altre cose che l’Occidente cerca di nascondere e di “mitigare” con “accordi bilaterali di collaborazione e cooperazione”.
È tempo di assumersi le responsabilità storiche e di risarcire i popoli che sono stati sistematicamente saccheggiati, repressi e violati con la partecipazione del Nord globale. Questo deve iniziare con la cessazione, la condanna e l’impunità delle violazioni dei diritti umani contro i migranti e con l’attuazione di politiche pubbliche di migrazione e di asilo che le garantiscano. Le conseguenze della storia e gli assi sistemici di oppressione basati sul razzismo e sul colonialismo persistono, come vediamo oggi, questa storia in cui – giocando con la politica dell’alterità – le persone provenienti da alcuni Paesi vengono accolte con dignità, mentre altre vengono brutalmente violate. Le immagini di Melilla rivelano la discriminazione e le differenze di trattamento tra alcuni migranti e altri.
Le politiche di accoglienza e integrazione della Spagna devono essere governate sulla base dell’uguaglianza e della non discriminazione, delle garanzie e degli obblighi internazionali in materia di diritti umani assunti dalla Spagna. Deve essere chiaro che il fatto che la Spagna e l’UE accolgano con dignità le persone che fuggono dalla violenza non è una questione di scelta e di solidarietà escludente – che non è solidarietà, ma un dovere in base ai patti internazionali sui diritti umani sottoscritti – e deriva anche dalla legislazione europea e nazionale. Questa Fortezza Europa, con il pretesto della “sicurezza comunitaria”, viola i diritti dei migranti e allo stesso tempo è in flagrante violazione dei suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani.
«Quello che è successo a Melilla – scrive ancora Irene Graíño Calaza – è estremamente grave ed è legato alla deriva verso la securitización, la criminalizzazione della migrazione e l’esternalizzazione delle frontiere degli ultimi anni. In questo modo, le politiche migratorie diventano politiche di morte, necropolitica (termine coniato da Achille Mbembe). La Fortezza Europa accoglie le persone in fuga dal massacro con altri massacri, violenza e morte».

Siamo con lei quando spiega che è «urgente fermare questa deriva violenta e sistemica delle politiche, assumersi la responsabilità di quanto accaduto, generare politiche migratorie garantiste e garantire un’accoglienza dignitosa alle persone in fuga. Di fronte a questo massacro, il silenzio è intollerabile e complice. Basta con le politiche migratorie razziste ed escludenti che generano morte e insicurezza. Seguendo le immagini fornite da AMDH Nador, dobbiamo alzare ogni parola, ogni voce e grido di rabbia e ingiustizia per denunciare, rendere visibili e condannare queste violazioni dei diritti umani. Le vittime meritano riconoscimento, riparazione, memoria, verità e giustizia. Questa morte e questo massacro al confine non possono restare impuniti».

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