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Non dimenticare di resistere anche oggi

Malga Zonta (Vicenza), 78 anni dopo l’eccidio nazista [Chiara Nencioni]

Malga Zonta, 1.430 m. di altezza, vicino Folgaria: fresco, boschi e montagne intorno.

Ma questa malga non è una meta turistica, è la meta di un pellegrinaggio laico e resistenziale che si rinnova ogni 15 di agosto e che raduna centinaia di persone.

Sì, perché qui, a Malga Zonta, il 12 agosto 1944 furono fucilati dai nazifascisti 14 giovani partigiani (due non avevano ancora compiuto i 18 anni) di cui solo 4 armati, e a 3 malgari, i cui volti, attoniti e impauriti, pochi minuti prima dell’esecuzione, sono immortalati in due fotografie adesso incastonate nella targa che ricorda la strage.

A parte i nomi e i volti, ben poco sappiamo di questi ragazzi se non alcuni frammenti. Ad esempio su Giovanni Tessaro, sappiamo quel poco che racconta Luigi Meneghello, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, nel romanzo Libera nos a Malo) perché era figlia della Cattinella, serva di casa sua.

“Giovanni era ormai un giovanotto, nel 1944 aveva diciannove anni, e la Cattinella domandava consiglio. Doveva presentarsi il ragazzo? Si poteva lasciarlo andare con questi partigiani? con cui voleva andare? Alla fine Giovanni andò con questi partigiani, col nome di battaglia di ‘Zampa’; ed era col reparto della Malga Zonta la notte del 12 agosto. C’è una fotografia dei quindici o venti ragazzotti in fila davanti alla malga, colle mani in alto, un momento prima che i tedeschi cominciassero a sparare: Giovanni è il primo della fila, in primo piano. Sembra stupito, come se non capisse bene la natura del gioco: ha un’ecchimosi sul viso, probabilmente causata dal calcio di un mitra”, scrive Meneghello.

“Quello di Malga Zonta uno degli episodi più significativi della resistenza vicentina, avvenuta però sull’altipiano di Folgaria, allora parte dell’Alpenvorland, zona annessa direttamente al Reich”, spiega a Popoff il Professor Paolo Pezzino (presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri – rete degli Istituti della Resistenza dell’età contemporanea) cui questo anno è stata affidata l’orazione ufficiale.

Quello stesso giorno, circa 350 km più a sud, a Sant’Anna di Stazzema, sulla linea gotica (siamo in alta Versilia) venivano trucidati 393 civili, prevalentemente donne e bambini (lì di partigiani non ce n’erano) da tre reparti delle SS: il più grande eccidio nazifascista dopo quello di Monte Sole.

Sul palco, oltre alle autorità, all’oratore, ai rappresentanti delle associazioni e a un prete che officerà poi la messa, è salita Teresa Peghin (nome di battaglia Wally) di 98 anni, staffetta partigiana. “finché avrò respiro sarò qui a ricordare questi martiri colpevoli solo di aver combattuto i nazifascisti. Ancora oggi in parlamento abbiamo chi vuole cambiare la Costituzione e chi crede nell’uomo forte, non pensando al bene della nazione ma solo alla sua ambizione”, dice con una forza e impeto incredibili.

E così l’attualità fa irruzione davanti alla malga. La fa nelle parole del presidente dell’ANPI di Vicenza che tuona in difesa della Costituzione e lancia un monito contro il presidenzialismo “che porta un uomo solo al comando” e contro il razzismo e l’intolleranza, dedicando a questo 78º anniversario ad Alika, il venditore ambulante di nigeriano ucciso a bastonate a Civitanova Marche il 29 luglio, e a Salman Rushdie gravemente ferito il 12 agosto da un fanatico islamico.

E si ricorda anche Piero Angela, scomparso questo 13 agosto, che ha fatto della cultura un faro di civiltà. Non a caso era figlio di un antifascista, Carlo, giusto fra le nazioni.

La cerimonia è stata non soltanto occasione per commemorare le vittime della strage di Malga Zolta, ma anche un momento di riflessione riguardo la situazione attuale, in presenza di diverse autorità, tra cui Michael Rech, sindaco di Folgaria, che ha tenuto un veemente discorso, per nulla retorico, ma diretto ed incisivo: “La storia non è condizione sufficiente per non commettere errori del passato. Negli ultimi anni abbiamo fatto passi indietro con conflitti nel cuore dell’Europa e la minaccia di una guerra nucleare. La guerra in Ucraina sta entrando nella fase dell’indifferenza, quella più pericolosa perché meno seguita dai media. Restiamo al fianco del popolo ucraino, senza limitarci ad una generale e alla fine generica solidarietà. Nostro dovere è accogliere i profughi, aiutare chi resta nel paese, vivere in questo orizzonte il pesante complesso delle sanzioni con le conseguenze e i sacrifici per la nostra vita quotidiana, comprendere che la resistenza degli aggrediti ucraini è legittima e che dire questo nulla toglie alla necessità di arrivare al più presto al cessate il fuoco e ad una vera trattativa. Rovesciamo i ragionamenti: vicini al popolo ucraino, senza accettare la logica spietata di un riarmo generalizzato”.

“Resistenza oggi – continua Rech – è credere nell’Europa, promuovere la cultura e la solidarietà, combattere i nazionalismi, il populismo, il qualunquismo e saper essere contro anche quando la corrente spinge altrove. Resistenza oggi anche ambiente, e investire nei giovani, coltivare non la paura ma la speranza.”

E con una nota europeista si conclude anche l’orazione ufficiale del professor Pezzino: “E allora ricordiamo i nostri ‘martiri’ senza consentire a nessuno di oscurarne la memoria. Ma ricordiamo che in quei tragici frangenti nacque anche l’idea di unione fra uomini, a prescindere dalla loro nazionalità, cementata dei valori universali di libertà, solidarietà, cura per ‘l’altro’, anche se ‘diverso’ in quanto ‘nemico’. Quell’idea è germogliata ed è da lì che nasce l’Unione Europea. E quindi da qui, da questo luogo dove la violenza nazifascista si è manifestata in tutta la sua crudeltà, venga anche il forte monito a difendere, e diciamo pure a rivitalizzare, quanto su queste rovine è stato costruito: Viva la Resistenza, viva la Costituzione, viva l’Italia, viva l’Unione Europea”.

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