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Alle radici della violenza squadristica

L’attenzione della storiografia alla violenza politica è in una fase più compiutamente analitica. Un progetto di atlante dell’Istituto Parri

C’è chi l’ha definito una guerra civile, chi il tentativo italiano di fare come in Russia, fatto sta che il primo dopoguerra in Italia ha visto un alto tasso di conflittualità fra il biennio rosso, con l’occupazione delle fabbriche da un lato, e le origini del fascismo dall’altro.

L’attenzione della storiografia alla violenza politica su queste ultime si è significativamente sviluppata nell’ultimo trentennio, entrando in una fase più compiutamente analitica, che ha permesso non solo di riflettere più a fondo sugli attori, le motivazioni, i contesti della violenza politica, ma anche di ridefinire la trasformazione di queste pratiche indagando i tempi e le geografie di sviluppo delle stesse. Il risultato è stata una maggior considerazione per gli effetti di trascinamento e di riconfigurazione portati dalla guerra mondiale e una più attenta riflessione sugli effetti politici di breve e lungo periodo di queste violenze.

Questo ha permesso una messa in discussione delle precedenti direttrici di interpretazione delle violenze fasciste, che precedentemente avevano evidenziato soprattutto il carattere per lo più reattivo rispetto a quelle social-comuniste del biennio rosso, e ha consentito di indagare l’intreccio tra dimensione conflittuale e consensuale.

Il progetto Per un atlante delle violenze politiche del primo dopoguerra italiano (clicca per accedere), ideato e diretto dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri (Rete degli Istituti della Resistenza e dell’Età contemporanea in Italia) in collaborazione con Giunta Centrale per gli Studi Storici e Associazione Italiana di Public History, è il tentativo riuscito di mappare con georeferenziazione gli episodi di violenza registrati in tutto il territorio del Regno d’Italia tra la fine della Prima guerra mondiale e la marcia su Roma e di censire e organizzare una banca dati di facile consultazione.

“In esso ci si riferisce a tutti i casi di uso organizzato della forza politicamente motivato”, spiega Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri.

Il progetto è stato presentato a Roma il 18 settembre presso la Casa della Memoria e della Storia e si pone sulla scia di quello fatto per l’Atlante delle stragi nazifasciste o quello dei Luoghi di memoria.

“Questo Atlante cade in un periodo della nostra storia molto delicato. Speriamo che siano i giovani ad usarlo” afferma Andrea Giardina, Presidente della Giunta Centrale per gli Studi Storici.

Serge Noiret, Presidente, dell’Associazione Italiana di Public History, aggiunge “dal punto di vista della Public History gli atlanti permettono di andare direttamente alla storia locale, di creare una collaborazione fra il pubblico e gli storici”.

Parallelamente all’Atlante è nato lo spettacolo teatrale Di rosso e di nero, un reading che ripercorre la storia della lunga scia delle violenze che hanno attraversato l’Italia dal 1919 al 1922, soffermandosi in particolare su alcune vicende emblematiche e significative per la storia nazionale e per il profondo valore umano e personale. Di rosso e di nero, scritto e interpretato da Elisabetta Vergani, accompagnata dalle musiche originali di Sara Calvanelli, che arricchiscono e fanno da contrappunto alla narrazione, è a cura di Farneto Teatro.

Lo spettacolo ha avuto, con il tutto esaurito di pubblico, la sua prima Festival delle Arti di Venezia lo scorso 9 settembre, mentre il sito dell’Atlante delle violenze politiche del primo dopoguerra italiano sarà on line dal 30 settembre.

Buona visione e buona digitazione a tutti!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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