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Amnesty: In Ucraina orientale centinaia di rapimenti e torture (video)

Amnesty International registra: giornalisti, osservatori internazionali, attivisti rapiti e torturati per mano di paramilitari pro-Kiev e da gruppi separatisti.

di Roberta Benvenuto


Il momento del rapimento in Crimea dell’attivista anti russo Reshat Ametov. Due settimane dopo il suo corpo (torturato) è stato trovato senza vita.

«Ero sotto shock, e non sentivo alcun dolore. Poi guardi questi tagli e pensi di non essere tu. Era una cosa malata. I tuoi stessi connazionali che ti interrogano con tanta crudeltà. Ero persa, ero così preoccupata, ho pensato che fosse la fine», testimonia Hanna, attivista pro-Ucraina, rapita da uomini armati nella città di Donetsk, il 27 maggio 2014.

Con lei anche il suo ragazzo Fedor ad ingrossare le fila dei «centinaia di rapiti negli ultimi tre mesi», come spiega Denis Krivosheev, vicedirettore Amnesty International per Europa e Asia centrale, giustificando l’intervento della delegazione inviata in Ucraina dell’est nel giugno 2014: «È giunto il momento di fare il punto su quanto successo e fermare questa pratica aberrante».

Secondo Amnesty International non esistono dati completi ed affidabili sul numero dei rapimenti. Il ministero dell’Interno ucraino ha riferito cinquecento casi tra aprile e giugno. La Hrmmu (la missione delle Nazioni Unite di monitoraggio dei diritti umani in Ucraina) nell’ultimo rapporto del 15 giugno ha registrato duecentoventidue casi di detenzioni, «in un’escalation di rapimenti, detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, saccheggi». Quattro persone sono state uccise, centotrentasette rilasciate, ottantuno rimaste detenute a partire dal 7 giugno.

Quasi sconosciute, invece, le storie e le informazioni sui rapimenti compiuti dall’esercito regolare, dalla polizia e, soprattutto, dai gruppi paramilitari nazisti che affiancano (se non addirittura sostituiscono) le forze armate ufficiali nelle operazioni di guerra. Popoff nel corso di questi mesi vi ha documentato decine di episodi di violazione dei diritti umani da parte di questa sorta di squadroni della morte.

Nuovi episodi continuano ad essere segnalati ad est, soprattutto adesso che le forze pro-Kiev stanno ristabilendo un controllo sulle zone di Slavyansk e Kramatorsk.


Il sedicenne Vladislav Aleksandrovich viene costretto da un paramilitare nazista a urlare slogan pro Ucraina.

Hanna Mokrousova, adesso coordinatrice di un iniziativa di auto-aiuto per vittime di tortura, il Vostok-Sos, ha raccontato di essere stata rapita da sette uomini armati, in tuta mimetica e passamontagna, che hanno fatto irruzione a casa sua il 27 Maggio a Donetsk.

Gli uomini si sono presentati come appartenenti al gruppo Dnr (Donetsk National Repubblic). Quando hanno trovato nel suo appartamento una bandiera dell’Ucraina e un volantino pro-Kiev, l’hanno bendata con la bandiera e portato lei e il suo ragazzo, Fedor, via con loro. Sono stati trattenuti per sei giorni prima di essere liberati per uno scambio di prigionieri. Portati in un seminterrato sono stati interrogati e minacciati di violenza. Fedor testimonia che le prime domande erano apparentemente volte all’intimidazione piuttosto che ad avere informazioni pratiche. Ad Hanna è stato chiesto della sua partecipazione alla protesta di Maidan. Dopo la prima mezz’ora, il suo interrogatore ha iniziato a essere violento: «Mi ha fracassato il viso, dato pugni in faccia, tentando di colpirmi ovunque. Ero raggomitolata in un angolo. L’uomo era arrabbiato perché tentavo di proteggermi. È uscito ed è tornato con un coltello».

«Alla fine dell’interrogatorio mi ha detto “prega ora, ho intenzione di ucciderti”. E mi ha tagliato la parte posteriore del mio collo». Costringendola, poi, a scrivere col suo sangue sul muro «amo Donbass». I due sono stati poi costretti a pulire un veicolo che credono sia stato utilizzato per il trasporto di cadaveri.

L’Ucraina ha visto un crescendo di rapimenti a partire dal Novembre 2013, con l’inizio delle proteste “Euro-Maidan” di Kiev, spostandosi, poi, a sud-est ed in Crimea. Il fallimento della polizia nel fornire una protezione adeguata ha contribuito alla nascita, da entrambi i lati del conflitto, di gruppi armati autonomi. Questi gruppi sono alla base dei rapimenti.

La pratica è diventata molto comune in Crimea, quando la penisola è passata sotto il controllo dei gruppi armati russofoni, nel febbraio 2014, e dopo il referendum del 16 marzo, che ha consegnato la Crimea alla Russia.

Dietro il fenomeno dei rapimenti esistono una serie di spiegazioni, confermate anche dagli stessi gruppi armati. I detenuti sono spesso merce di scambio per riavere indietro i prigionieri delle forze avverse. Molti sono accusati di spionaggio, alcuni destinati ai lavori forzati. Anche se Hanna e il suo ragazzo sono l’unica testimonianza del genere.

Il 3 marzo Reshat Ametov, un tartaro della Crimea, dopo aver manifestato da solo di fronte l’edificio del consiglio dei ministri della Crimea è stato preso e portato via dagli uomini delle forze armate di “autodifesa”. Il suo corpo con evidenti segni di torture è stato trovato senza vita due settimane dopo.

Secondo Amnesty la maggior parte dei casi di detenzioni illegali sono stati perpetrati da parte dei separatisti. Ma le testimonianze raccolte tra attivisti giornalisti, polizia, politici e membri delle commissioni elettorali pro-ucraina, fanno emergere un certo numero «di abusi da parte delle forze pro-Kiev», dichiara Denis Krivosheev.


L’ex ministro della Difesa dell’autoproclamata repubblica del Donbass Igor Khakmizyanov, viene interrogato all’interno di un’auto dal leader del Partito radicale neonazista Oleh Lyashko. Lyashko ha fondato un battaglione di nazisti che combattono al fianco delle truppe regolari ucraine.

Un caso tra tutti è quello di Vlad “lo streemer”, un minorenne che aveva registrato e pubblicato alcune operazioni della polizia a Mariupol, che avevano provocato decine di vittime, freddate dal fuoco dei carri armati e dei mitragliatori. Il sedicenne Vladislav Aleksandrovich è stato catturato il 25 giugno 2014 mentre fumava in un parco della città di Mariupol e portato all’aeroporto, dove erano di istanza le forze pro-Kiev. Prima è stato picchiato, e poi interrogato circa i suoi contatti con la Dnr, e costretto a scrivere una «dichiarazione al popolo ucraino». In video pubblicato il 28 giugno su YouTube si vede il ragazzo costretto da un uomo in uniforme mimetica a gridare slogan nazionalisti: «Gloria all’Ucraina», «Donetsk è Ucraina». Secondo il racconto dei media, Vlad sarebbe stato stato consegnato ai servizi di sicurezza ucraini e rilasciato il giorno seguente.

Le attività di detenzione illegale e tortura sono state inflitte anche su esponenti politici della Repubblica popolare di Donetsk. Oleh Lyashko (leader del Partito radicale, formazione di estrema destra) ha pubblicato un video in cui si vede un prigionierio, nudo e con ferite sul corpo, che si presenta come l’ex ministro della Difesa Dnr, Igor Khakmizyanov.

L'inviato del quotidiano russo "Novaya Gazeta" Pavel Kanugin, rapito il 12 maggio nella regione di Donetsk dai paramilitari nazisti.
L’inviato del quotidiano russo “Novaya Gazeta” Pavel Kanugin, rapito il 12 maggio nella regione di Donetsk dai paramilitari nazisti.

Nonostante le rassicurazioni delle autorità ucraine, sul rapporto di Amnesty si legge: «Alcuni dei funzionari incontrati da Amnesty International non hanno negato che le detenzioni di persone sospettate di appartenenza a gruppi armati o di reati legati al separatismo vengano svolte da membri di unità di autodifesa o di altri civili, piuttosto che da membri delle competenti forze dell’ordine, ma hanno cercato di assicurare che i detenuti vengono consegnati ai funzionari competenti». In altre parole, prima di finire in prigioni regolari, chi viene arrestato viene pestato per bene dai corpi paramilitari, formati principalmente da nazisti.

Ciò è possibile grazie alle norme del codice di procedura penale che dà a «chiunque il diritto di detenere, senza una decisione del tribunale, qualsiasi persona diversa alle persone di cui all’articolo 482 del codice (giudici e membri del parlamento)che stia per commettere o tentare di commettere un reato o immediatamente dopo la commissione di un reato o durante la continua ricerca di una persona sospettata di aver commesso esso».

Legge che si presta a un facile equivoco sulle motivazioni e finalità della cattura, lasciando uno spazio all’abuso delle attività di detenzione da parte civile.
Amnesty ha poi notato come «la situazione senza legge in Ucraina orientale sia stata facilitata dall’erosione dello Stato di diritto negli ultimi sei mesi, e dai ripetuti condoni verso gli autori dei reati durante l’euro-Maidan». A dimostrazione di ciò anche la scarsa volontà della politica di investigare su questi crimini.

Il risultato è che in nessun luogo dell’Ucraina la popolazione si sente davvero sicuro. Il rapimento, poi, di giornalisti e osservatori nazionali, è un ostacolo alla registrazione stessa del fenomeno di detenzione e tortura.

Il giornalista statunitense Simon Ostrovsky, rapito il 22 aprile da miliziani separatisti.
Il giornalista statunitense Simon Ostrovsky, rapito il 22 aprile da miliziani separatisti.

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