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NoTav: no a provocatori, questurini o in proprio

«La nostra lotta sarà sempre popolare». Dalla Val di Susa il movimento risponde al delirio di chi invita alla lotta armata. Cronache dell’estate No Tav e No Muos

di Checchino Antonini

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«Forse non avete capito, ma questo è normale, che il Movimento No TAV è un movimento popolare che da 25 anni si oppone in modo vincente alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione proprio perché il suo carattere è popolare, la sua lotta è popolare e non ha nulla a che vedere con i deliri dei provocatori di professione pagati dalla questura o deliranti in proprio».

Lapidaria e inequivocabile la risposta del Movimento No TAV. Più lapidaria delle quaranta righe di comunicato con cui sedicenti Noa, nuclei operativi armati, hanno detto di essere pronti per la lotta armata già nel prossimo settembre. Questa sigla, dal nome strano che non evoca alcuno spunto dell’immaginario di sinistra, aveva debuttato in primavera con una lista di nemici da far fuori. Ora, dopo aver bocciato i “moderati” della Valle e i “borghesucci” di Askatasuna, si annuncia che «Il movimento ha fallito. È giunta l’ora di alzare il tiro». «Lanciamo un appello alle compagne e ai compagni delusi dalla strategia del campeggio affinché si uniscano ai Noa e ai gruppi di azione armata. Basterà assestare il primo colpo e il sistema comincerà a scricchiolare. Sarà un settembre di lotta e di fuoco».

Gli unici a prenderli sul serio sembrano Sergio Chiamparino, governatore del partito dei poteri fortissimi («Questo è la conferma di quanto ho detto alcuni giorni fa: la Val di Susa è diventata ormai la palestra di ogni forma di pseudo sinistrismo») e il responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano («No alla deriva violenta di pochi nostalgici del terrorismo»). Che siano provocatori genuini o barbe finte, i No Tav ricordano a chiunque che: «Siamo e resteremo un movimento popolare. Proprio per questo la sua lotta non ha nulla a che vedere con i deliri dei provocatori di professione pagati in proprio oppure dalla questura».

L’Estate di lotta No Tav, intanto, va avanti. Dopo la marcia itinerante il movimento invita ad un’altra settimana di mobilitazione, dall’1 al 7 settembre.

Nelle scorse settimane una marcia ha attraversato la Valle, da Avigliana a Chiomonte, ed è riuscita ad attivare i diversi livelli della lotta con momenti di convivialità, iniziative sul territorio per infastidire il sistema del Tav, iniziative notturne «per riattraversare quei luoghi che la controparte ci vorrebbe sottrarre, ma che appartengono da decenni alla storia della nostra Resistenza».

«Ora vogliamo ancora costruire delle iniziative che possano inceppare il meccanismo devastatore e che sappiano raggiungere il cantiere e attraversare il territorio della nostra Valle, sfidando i divieti e la militarizzazione con cui quotidianamente ci confrontiamo. Vogliamo regalarci altri momenti di incontro per discutere del futuro di questa lotta e non solo, in vista di un autunno che auspichiamo possa fare la differenza e parlare il linguaggio di chi oggi cerca di costruire un futuro diverso».

A tutti, si ricorda sul sito InfoNoTav, sarà garantita l’accoglienza al campeggio di Venaus.

Anche fuori dalla Valsusa, la lotta No Tav non accenna a scemare. Il

3 agosto in Valle Scrivia, almeno un migliaio di persone ha preso parte alla fiaccolata di Arquata in solidarietà alle donne e agli uomini che hanno resistito agli espropri nella giornata del 30 luglio e per ribadire, ancora una volta, la contrarietà al Terzo Valico. Le cariche della polizia hanno aumentato l’indignazione popolare: «C’è stata una forte indignazione da parte di moltissimi cittadini, alcuni dei quali hanno partecipato per la prima volta ad una manifestazione indetta dal movimento. La consapevolezza di quanto sia necessario opporsi ad un’opera devastante come il Terzo Valico, un’opera inutile in un momento di fortissima crisi sociale, continua a crescere giorno dopo giorno».

Con 6,2 miliardi di euro, secondo i No Tav, ci si potrebbe occupare del riassetto idrogeologico del territorio, della messa in sicurezza delle scuole, si potrebbero costruire nuovi asili, si potrebbero investire nelle energie rinnovabili. Ragioni simili nella vertenza sorella, quella dei No Muos che, il 9 agosto, sono tornati a migliaia per le contrade di Niscemi, rompendo divieti e invadendo la base al costo di scontri durissimi con la polizia. In contrada Ulmo, da due notti e due giorni, sette nomuos erano arrampicati su tre antenne. I manifestanti, guidati dalle mamme No Muos, hanno dato fuoco alle carte dei fogli di via e divieti di dimora ricevuti nelle scorse settimane.

La manifestazione, guidata dalle mamme NoMuos, è stata caratterizzata dalla presenza di tante bandiere palestinesi. Il sistema di comunicazione militare statunitense (il Muos) sarà coinvolto in operazioni del tutto simili in quanto a brutalità e morte a quelle in corso a Gaza contro la popolazione civile. «La stessa morte accompagnata da malattie e devastazione ambientale che la base di Niscemi arreca già sulla popolazione e sul territorio circostante per via delle sue emissioni elettromagnetiche». Riferisce Infoaut che «dopo il rogo il corteo ha continuato a costeggiare il perimetro della base fino ad arrivare a ridosso delle antenne su cui si trovano da ieri i sette nomuos e per la seconda volta nell’arco di un anno la base è stata invasa dal popolo NoMuos. La polizia presente all’interno ha reagito nervosamente e ha sferrato una carica tanto violenta quanto disorganizzata sulle prime persone che attraversavano il varco. Mentre la testa del corteo resisteva, però, il varco veniva allargato e la polizia non ha potuto che retrocedere di fronte all’ingresso dell’intero corteo dentro la base (…) Mentre il corteo stava uscendo dalla base, tre dei sette “scalatori” hanno deciso di interrompere l’occupazione delle antenne».

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