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A Piacenza si misura l’altezza ai bimbi prima di salire sul bus

Il Comune di Piacenza ha stabilito che non paga il bus solo chi è più basso di un metro. Per il garante dei diritti dell’infanzia è una norma discriminante.

di Edoardo Bettella

La norma stabilita dalla Seta spa e pubblicata sul sito dell'azienda comunale.
La norma stabilita dalla Seta spa e pubblicata sul sito dell’azienda regionale dei trasporti.

«Quanto sei alto, bimbo? Più di un metro? Allora paghi il biglietto. Vieni qui che ti misuro». C’è da immaginarselo così il dialogo tra un bambino di Piacenza e l’autista dell’autobus su cui deve salire. Già, perché, nel comune emiliano, il criterio per stabilire se un bambino ha o non ha diritto a viag-giare gratis sull’autobus è l’altezza. E i piccoli piacentini vengono letteralmente misurati, prima di salire sul mezzo pubblico. Il problema è che non tutti i bambini crescono allo stesso modo, e questo rende la norma discriminante.

A stabilirlo è il garante regionale dei diritti dell’infanzia, interpellato da Maurizio Bottigelli, padre di una bambina di sette anni, che ritiene che «questa pratica discriminatoria non fa certo onore a una città che si fregia della bandiera Unicef». Bottigelli ha deciso di fare qualcosa per cercare di bloccare questa «odiosa norma».

Sul sito della Seta, la società di trasporti regionale, sotto la voce “tariffe” si legge: «I bambini di statura superiore al metro pagano la tariffa ordinaria». Chiaro. Semplice. Perentorio. E discriminante, secondo il garante regionale dei diritti dell’infanzia.

È proprio al garante che Bottigelli ha deciso di rivolgersi per capire se effettivamente c’è qualcosa che non va in questo bizzarro criterio selettivo. E la risposta non si è fatta attendere, ponendo chia-rezza sulla questione. «Si raccomanda all’amministrazione comunale di Piacenza di considerare sempre in maniera preminente l’interesse superiore dei minori e di adottare appropriati provvedi-menti affinché gli stessi siano tutelati contro ogni forma di discriminazione e garantiti nel loro diritto di accedere in modo equo e paritario alle opportunità offerte» è quello che si legge sul documento presentato dal garante in seguito alla segnalazione.

Non solo: «Si raccomanda alla società Seta S.p.a. di ricorrere ad altri criteri oggettivi diversi dall’altezza per la gratuità del trasporto pubblico dei minori».

metro

Il paradosso è che la Seta non si era neanche lontanamente mai posta il problema. Il 21 agosto scor-so, il presidente Pietro Oderici aveva inviato al garante una nota in cui confermava che il criterio di gratuità per i bambini di statura inferiore a un metro è «in accordo con la legislazione regionale vi-gente e con il regolamento della società stessa». La nota proseguiva definendolo «un parametro og-gettivo e facilmente misurabile dal personale addetto alla verifica, mentre l’accertamento dell’età comporterebbe la necessità di esibire un valido documento di identità».

Peccato, però, che la Convenzione delle Nazioni unite sui diritti del fanciullo stabilisce che «l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente». Non solo, impegna anche gli Stati membri a «garantire a tutti i minori il riconoscimento dei diritti in essa contenuti, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di sesso, di colore o altro».

E proprio per questo, dunque, il garante ritiene che, nel caso specifico di Piacenza, l’applicazione del criterio dell’altezza sui bambini sia «solo apparentemente neutro, perché mette, di fatto, in una situazione di svantaggio alcuni soggetti (i bambini e le bambine più alti di un metro) rispetto ad altri di stessa età ma con statura diversa». Quindi, «a una stessa categoria di persone, deve invece essere riconosciuto un trattamento identico a prescindere dal possesso di una data caratteristica fisica».

Forse i dirigenti della Seta non hanno mai avuto a che fare con dei bambini, perché sembra che pro-prio non abbiano considerato che l’altezza di alcuni bambini della stessa fascia d’età possa essere diversa, come quasi sempre accade, ad esempio, tra bambini e bambine. Di conseguenza, «Risulta violato il principio di non discriminazione, non essendo garantita la parità di trattamento tra situa-zioni identiche».

Eppure di soluzioni alternative ne esistono diverse, ed è lo stesso garante che le descrive alla Seta, sbugiardando definitivamente la società di trasporti: sui treni nazionali e regionali, ad esempio, i bambini sotto i quattro anni viaggiano gratis e quelli tra i quattro e quindici anni hanno uno sconto variabile dal trenta al cinquanta per cento. A Bologna, ancora, il Comune ha previsto che tutti i nati tra il 2003 e il 2009 hanno diritto ad andare a scuola in autobus gratis.

A Piacenza non è la prima volta che “se la prendono” con i bambini: Popoff aveva già raccontato del taglio da parte dell’amministrazione delle merende per le scuole materne, per risparmiare sul bi-lancio comunale. Sembra che Piacenza voglia fare di tutto per uniformarsi allo standard nazionale ormai largamente diffuso: l’Italia è, e vuole essere, un Paese per vecchi.

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