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Il lavoro uccide di più, ma il problema è l’immigrazione

In Umbria la più alta incidenza degli infortuni mortali sul lavoro però, a leggere i giornali, sembra che a uccidere siano solo gli stranieri

di Marco Vulcano

ancora-un-infortunio-sul-lavoro-i-sindacati-la-prevenzione-sia-massim_3186903e-0b74-11e4-98ea-db7b575780e4_displayIn Umbria, regione in cui la Lega Nord di Matteo Salvini ha potuto contare recentemente su tre delitti commessi da non italiani per fare una grande campagna elettorale e conseguire un risultato storico alle ultime elezioni regionali, il lavoro ha fatto molte più vittime nei primi 4 mesi del 2015 che l’immigrazione in tutta la storia dell’uomo. Di ciò non si trova però notizia da nessuna parte (Popoff escluso, ovviamente). Non vi è traccia, dopo gli incidenti mortali sul lavoro, dei titoloni che aprono giornali e telegiornali quando a macchiarsi di un delitto è qualcuno con passaporto non italiano.

Forse è perché la figura del padrone, trasformata da un linguaggio ideologico in datore di lavoro, una sorta di Babbo Natale 2.0 che compie la quotidiana generosità di far lavorare le persone, mal si presta ad essere rapportata alla strage in atto. O forse perché quelle di lavoro sono morti “normali”, quotidiane e silenziose, difficili da spettacolarizzare e contro le quali sarebbe quanto meno inopportuno chiedere l’intervento salvifico delle ruspe di Salvini. In molti di quei casi, la ruspa è infatti uno strumento di morte.

Se si attribuisse la giusta importanza mediatica alle strage di lavoratori in corso, probabilmente la psicosi razzista che abbraccia ormai una fetta sempre più larga di popolazione, come dimostra appunto l’exploit della Lega alle ultime elezioni, subirebbe un drastico ridimensionamento e Salvini, che non ha mai lavorato né si è mai occupato dei lavoratori, non saprebbe di cosa parlare. Ma in quel caso Renzi non avrebbe nessun nemico contro il quale invocare il voto utile. E allora avanti con giornali e tg a soffiare sul fuoco dello straniero omicida, silenti sulle fabbriche dove l’alternativa è tra il demansionamento e l’incidente, spesso letale.

Fatto sta che le morti sul lavoro sono in aumento in tutta Italia. Dall’inizio dell’anno si registrano 223 vittime di lavoro, contro le 196 avute nello stesso periodo dello scorso anno.

L’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering consegna il poco invidiabile primato dell’incidenza del fenomeno all’Umbria, che con 22, 3 infortuni mortali ogni milione di occupati (due al mese e otto morti dall’inizio dell’anno), contro una media nazionale di 9,9, è la regione con la più alta percentuale di infortuni sul lavoro.

Vasco Cajarelli della Cgil Umbria (area Landini), commentando i dati, fa notare come non sia di certo un caso che gli incidenti aumentino con il passare dei giorni della settimana raggiungendo il picco di venerdì, quando lo stress e la fatica accumulati sono al massimo livello.

Sugli infortuni agiscono però anche le riforme che hanno innalzato l’età del pensionamento. “L’incidenza massima degli infortuni – continua ancora Cajarelli – si registra infatti tra lavoratori over 65, con 58,5 infortuni mortali ogni milione di occupati”.

Chi lavora dunque non solo va in pensione più tardi grazie all’innalzamento dell’età pensionabile tutto italiano (in Germania la stanno abbassando), ma vede aumentare drasticamente la possibilità di non andarci mai a causa di un qualche infortunio.

Ora è chiaro che se giornali e tv parlassero di queste cose, la caccia allo straniero sarebbe immediatamente sostituita dalla caccia al padrone, ovvero colui che quei giornali e tv quasi sempre li possiede.

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