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L’assassino di Emmanuel patteggia e se la cava con 4 anni

4 anni per omicidio preterintenzionale: s’è concluso così il processo per l’omicidio preterintenzionale di Emmanuel Chidi Namdi da parte di un razzista italiano, Amedeo Mancini

di Ercole Olmi

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Amedeo Mancini ha patteggiato una pena a quattro anni per l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, il nigeriano di 36 anni ucciso a Fermo a luglio scorso. Da scontare agli arresti domiciliari, dai quali tuttavia può allontanarsi per 8 ore al giorno, in modo da lavorare un podere di sua proprietà. Lo riferisce il legale di Mancini, l’avvocato Francesco De Minicis. «È stata riconosciuta l’aggravante razziale – spiega all’Adnkronos De Minicis – è stata considerata insussistente l’aggravante per motivi abietti e da non applicare la recidiva. È stata riconosciuta l’attenuante della provocazione». Dalla conclusione, cioè, secondo l’avvocato di Mancini, si evince la ricostruzione di quanto accaduto: «C’è stato un insulto iniziale di Mancini, la reazione aggressiva da parte di Emmanuel, una colluttazione che dura molto tempo e alla fine un pugno di Mancini che fa cadere Emmanuel che batte la testa e muore». Proprio come in un film di un qualsiasi crime-channel: una caduta sfortunata e fatale senza alcun riconoscimento della recidiva per un personaggio noto per i suoi daspo da capo ultrà  e picchiatore professionale idolatrato dalla sua curva con i gadget più svariati dopo l’omicidio. Perfino il sindaco, Paolo Calcinaro, a caldo aveva dichiarato: «Rispetto Emmanuel, ma la città sta tutta con Amedeo». A rincarare la dose, quei giorni, il fratello dell'”eroe”: «lui è un buontempone che si diverte a tirare le noccioline ai negri quando passano, lo fa così, per simpatia».

Emmanuel e sua moglie erano fuggiti dalla violenza immonda di Boko Haram, erano scampati alla prigionia in Libia dove, per le torture, Chinyery aveva abortito un figlio, ma non sono scampati alla normale, ordinaria violenza razzista fisica, verbale e simbolica.

«Questa conclusione – continua il legale – conferma che i testimoni oculari dicevano la verità». Oggi è stato anche raggiunto un accordo con la vedova di Emmanuel: «Mancini – sottolinea il legale – si è impegnato a versare 5mila euro per contribuire alla traslazione della salma in Nigeria, ma la vedova ha rinunciato a qualsiasi risarcimento a fronte della rinuncia di Mancini a denunciarla per falsa testimonianza». La conclusione della vicenda giudiziaria, secondo l’avvocato De Minicis, «pone fine a una campagna di odio che c’era stata in questa città e nel paese e all’enfatizzazione della vicenda senza alcun fondamento. Si è trattato di una brutta cosa, ma non dell’omicidio volontario ed efferato che all’inizio sembrava».

Don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco di Fermo, in Ecuador per una missione in una comunità di bambini disabili, ha appreso del patteggiamento e della condanna e ha commentato: «Il patteggiamento mette fine a una vicenda che ha portato a una morte inutile e violenta. Fin dall’inizio ho voluto tenere alto il concetto del rispetto della persona. Ed Emmanuel era un uomo che non aveva fatto niente di male, non aveva nulla ed era fuggito da una terra crudele». «È un patteggiamento che accetto, al di là dei contorcimenti giuridici tra aggravanti e attenuanti. Amedeo – aggiunge – poteva agire anche in altro modo. Ma è ragazzo semplice, che non sempre controlla i suoi impulsi. Resta la necessità di accompagnare e non abbandonare Chenyere e di esaudire il suo desiderio di far rientrare la salma di Emmanuel in Nigeria. In questi mesi le cattiverie di alcuni mi sono sembrate inutili e anche gratuite, i commenti e le reazioni potevano rimanere ai fatti e non accanirsi sulle persone».

All’epoca dei fatti era stato sempre Albanesi a tracciare un ritratto del Mancini: «Ci sono piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana. Queste persone fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese! E se lo dico, significa che non è una semplice impressione. Questo signore purtroppo lo conosciamo bene, chiama ‘scimmia’ tutti gli africani e non è nuovo alle risse». Mancini è stato fotografato, nel 2013, a cortei di Casapound (sedicenti “fascisti del III millennio” piuttosto apprezzati dal Viminale che, in un’informativa li paragona a un’associazione di filantropi) e dei Forconi. Esistono foto in cui sfoggia magliette degli Zetazeroalfa, il complessino musicale di Casapound, “Ma il mio assistito – disse l’avvocato di Mancini  – ha sempre sostenuto di non avere simpatie di destra e di non sapere che quella band avesse quella collocazione politica“.

Con l’hashtag #iostoconamedeo, nei giorni successivi all’omicidio, è venuta fuori un’ulteriore buona dose di quel senso comune razzista che connota questo Paese.

1 COMMENTO

  1. la sentenza e i commenti del sindaco potrebbero essere scambiati per un post di Spinoza (un blog serissimo)……..HLVS

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