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Bici, crescono le ciclabili ma i ciclisti sono sempre gli stessi

Bici: lo stato dell’arte in un rapporto di Legambiente. Il mistero della crescita delle piste mentre il numero di utenti resta fermo. Le città più ciclabili. Roma maglia nera

di Francesco Ruggeri

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Pedalare è anche un buon affare. Poche ore prima della partenza del Giro d’Italia, l’edizione del centenario, Legambiente ha fatto i conti in tasca al settore rivelando che gli spostamenti in bici generano un fatturato di 6,2 miliardi l’anno contribuendo all’abbattimento dei costi ambientali e sociali delle emissioni gas serra. Pesaro, Bolzano e Ferrara sono le città più bike friendly dove è più avanzata la riorganizzazione dello spazio urbano a misura di persona ed esistono infrastrutture di qualità per la ciclabilità.

Ma la maggioranza dei centri urbani ha le ruote a terra, avverte il Cigno verde, il numero di utenti della bici è identico a quello del 2008 nonostante in sette anni le ciclabili urbane siano cresciute del 50%.

La chiamano “Quella buona dozzina”, la squadra di città italiane bike friendly. Almeno il 15% della popolazione di Cremona, Rimini, Pisa, Padova, Novara e Forlì utilizza quotidianamente la bici per i propri spostamenti. Poi ci sono ancora Ravenna, Reggio Emilia, Treviso e Ferrara con percentuali di abitanti che preferiscono il manubrio al volante che oscilanno tra il 22% e il 27%. Per arrivare infine al top di Pesaro e Bolzano, dove circa un abitante su tre pedala per raggiungere il luogo di lavoro o di studio. Tra le grandi città, invece si distingue Milano, dove lo sviluppo del sistema dei trasporti pubblici, l’introduzione dell’Area C, la rifunzionalizzazione di alcuni spazi è stata accompagnata dalla crescita della ciclabilità (oggi il 6% dei milanesi si sposta in bici), mentre Roma è in coda al gruppo: nella Capitale solo 5 persone su mille usano la bici grazie all’immobilità delle giunte che si sono succedute.

A Bi Ci – il 1° Rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città – realizzato da Legambiente in collaborazione con VeloLove e GRAB+ – è stato appena presentato a Roma nel corso del Bike Summit 2017.

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A Bolzano e Pesaro, dunque, il 28% della domanda urbana di mobilità è soddisfatto dalla bici. Il comune altoatesino ha collegato tra loro, formando una sorta di grande anello ciclabile, tutte le zone scolastiche, sportive e ricreative cittadine. La città di Pesaro ha realizzato la Bicipolitana, una metropolitana di superficie che alla fine del 2016 conta ben 85 chilometri di percorsi ciclabili e la rete, visto il successo, continua a estendersi. E’ importante sottolineare che in queste due città il successo non è figlio solo di infrastrutture di qualità per le bici, ma di una riorganizzazione complessiva dello spazio urbano: sono state ampliate le aree pedonali, sottratti spazi alla sosta delle auto, messi in sicurezza gli incroci, istituite zone a velocità moderata. Si tratta di una pianificazione della mobilità che mette al centro le esigenze di spostamento della persona e non del veicolo e determina una maggiore efficienza dell’intero sistema locale del trasporto e una migliore qualità del contesto urbano. L’accessibilità di una città – intesa come facilità per tutta la popolazione di muoversi – non riguarda solo la praticabilità e la sicurezza pedonale e ciclabile delle strade, ma anche la riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini. Le strade sono spazi a più usi da condividere equamente tra tutti gli utenti.

Il resto delle città italiane, nel complesso, non ha però seguito la strada imboccata da Pesaro e Bolzano. Anche quando sono state inaugurate nuove ciclabili, ma realizzate senza criterio.

I numeri: tra il 2008 e il 2015 sono stati realizzati 1.346,1 i nuovi chilometri di percorsi cicla­bili urbani nelle città capoluogo di provincia. Un incremento delle infrastrutture riservate a chi pedala addirittura del 50% in un solo settennato: l’insieme delle cicla­bili urbane è salito infatti dai 2.823,8 km del 2008 ai 4.169,9 km del 2015. Eppure nello stesso periodo la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rima­sta immutata: era il 3,6% nel 2008 ed era ancora il 3,6% nel 2015.

Sono moltissimi i casi in cui le piste ciclabili urbane sono realizzate con standard costruttivi illogici e incoerenti, con sedi inadeguate e spesso concorrenziali con la pedonalità (sui marciapiedi), senza un’analisi preventiva dei flussi di utenti che potreb­bero intercettare e conseguentemente senza una verifica, a posteriori, dell’efficacia dell’intervento in termini di aumento della ciclabilità e della diminu­zione delle altre modalità di trasporto.

Su una ben progettata pur se solitaria linea di tram – sola e dunque non facente parte di una rete – ci aspettiamo subito dopo l’inaugurazione che salgano utenti e che quell’offerta di Tpl, almeno in un’area precisa e su un itinerario definito, sia capace di modificare gli stili di mobilità di una parte significativa della popolazione raggiunta dal servizio. Questo non sempre accade per le piste ciclabili, che talvolta appaiono desolatamente vuote non perché manchi una forte domanda di ciclabilità nelle nostre città (come dimostrano i casi virtuosi illustrati all’inizio) ma perché non è raro che vengano progettati i percorsi su determinate direttrici solo perché c’è spazio disponibile, che ci si disinteressi della continuità degli itinerari, che si trascuri il tema sicurezza stradale che è a livelli emergenziali: ogni anno vengono uccise almeno 250 persone in bici.

Lo studio di Legambiente sottolinea la necessità di realizzare percorsi ciclabili sicuri e di qualità, con una forte coerenza fisica e visiva. I tracciati per le bici devono essere fatti con criterio (i punti di origine e di destinazione non devono essere casuali ma coincidenti con forti attrattori di mobilità come università, quartieri ad alta densità abitativa, stazioni ferroviarie e della metropolitane), il fondo stradale delle piste deve essere privo di difetti e irregolarità con caratteristiche tecniche che lo rendano scorrevole, gradevole e percorribile tutto l’anno (anche in caso di forti piogge). Nel disegnare nuovi itinerari si deve dare priorità a quelli che favoriscono l’intermodalità con i servizi di trasporto su ferro e altri mezzi del Tpl che consentono di salire a bordo con la bici.

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Pur se le città italiane bike friendly sono ancora una minoranza, il valore economico della ciclabilità in Italia è particolarmente interessante. Per la prima volta, infatti, grazie a questo studio di Legambiente, è stato possibile quantificare quanto vale il settore non solo relativamente al cicloturismo o alla produzione di bici e accessori, ma anche quanto valgono tutte quelle esternalità positive legate alla ciclabilità.

Gli affari: per quanto riguarda la produzione di bici, l’Italia si conferma essere il maggior produttore, con una quota di mercato prossima al 18%. La vendita delle biciclette nel mercato nazionale unita all’export ha generato nel 2015 un giro d’affari di 488.000.000 €, a cui bisogna aggiungere quello del mercato di parti e accessori, che ha generato nello stesso anno vendite per 483.540.000 €.

Il cicloturismo produce, invece, 2 miliardi di euro l’anno, mentre il bike sharing si conferma una realtà piuttosto diffusa su tutto il territorio. Milano, Brescia, Bergamo, Aosta, Pisa e Lodi superano una disponibilità media di 2 biciclette ogni 1.000 abitanti, mentre a Perugia, Palermo e Napoli sono meno di un decimo (0,2). Nell’ultimo quinquennio in Italia è cresciuto poi il mercato delle bici a pedalata assistita, anche se il trend è più contenuto rispetto a quello di altri Paesi Ue. Andare a scuola e in giro in bicicletta sin da piccoli produce benefici sia sanitari che sociali, migliora il benessere, le funzioni celebrali, diminuisce lo stress, con risultati positivi per tutta la famiglia. L’uso della bicicletta produce un risparmio sanitario pari a € 1.054.059.446 l’anno.

«Ciclisti, pedoni e trasporto pubblico – spiega Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane Legambiente – crescono dove andare in auto diventa l’opzione meno concorrenziale e dove c’è garanzia di sicurezza per la cosiddetta utenza vulnerabile. Per città sempre più bike friendly è fondamentale agire sugli spazi urbani pianificando un nuovo tipo di mobilità che metta al centro le esigenze di spostamento della persona e non del veicolo. L’accessibilità di una città – intesa come facilità per tutta la popolazione di muoversi – non riguarda infatti solo la praticabilità e la sicurezza pedonale e ciclabile delle strade, ma anche la riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini. Le strade sono spazi a più usi da condividere equamente tra tutti gli utenti e questi sono naturalmente i principi che abbiamo seguito nel progettare il GRAB, il grande raccordo delle bici Capitolino».

Tra le proposte GRAB+,  scaturite da associazioni, comitati e gruppi di cittadini, il collegamento tra il GRAB e Casal Monastero, Montesacro, Monterverde, Ostiense e Testaccio, Castel Giubileo, Monte Mario, oppure la realizzazione dell’Asse degli Acquedotti lungo gli antichi acquedotti romani, o ancora un servizio aereo+bici Ciampino-Roma che prevede il noleggio di biciclette dall’aeroporto a soli 400 metri dalla Regina Viarum. Proprio l’antica via consolare il 14 maggio, in occasione della seconda edizione dell’Appia Day promossa da un vasto comitato promotore di associazioni, sarà chiusa al traffico e aperta dall’alba al tramonto solo a pedoni e biciletta con monumenti gratuiti e decine di eventi aperti a tutti.

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