Erdogan bombarda i civili nel Rojava. Dopo il referendum prosegue la guerra al popolo kurdo. Una campagna per una “No fly zone”
di Alessio Di Florio
“Ogni volta che strappiamo qualcosa all’ISIS, Erdogan si vendica e bombarda” accusa Gharib Hassou, leader del partito democratico curdo, il Pyd, presente nella Siria nord-orientale. In queste settimane, dopo il referendum che ha sancito un’ulteriore svolta autoritaria in Turchia (passo definitivo verso quello che è stato definito “il sultanato di Erdogan”?!), prosegue la guerra aperta e il tentativo di massacro del popolo curdo. Nei giorni della “Festa della Liberazione” in Italia, l’aviazione turca ha bombardato il centro di comando delle Ypg di Qarachox (Siria), centro fondamentale per il coordinamento fondamentale per la lotta contro l’ISIS, uccidendo almeno 20 soldati curdi. Nei giorni precedenti i curdi avevano riconquistato Taqba, ad ovest di Raqqa, strappandola all’ISIS.
Il Congresso Nazionale del Kurdistan, dopo questi fatti, ha lanciato un appello alla comunità internazionale nel quale accusa lo stato turco di essere “nemico dell’intera popolazione curda e delle sue conquiste” ed “amico dell’ISIS”, denuncia che i bombardamenti sono “la prosecuzione degli attacchi di ISIS e delle sue conseguenze per la comunità yezida” e che “mentre le Forze Siriane Democratiche stanno mettendo sotto assedio la capitale di ISIS, Raqqa, lo Stato turco sta attaccando il quartier generale delle YPG”, un’offensiva che “quindi ha rivelato chiaramente la collaborazione dello Stato turco con ISIS”. Il Consiglio Civile di Raqqa ha lanciato un appello internazionale per chiedere aiuto urgente ai profughi della città, ormai oltre 100 mila. E’ stato lanciato da attivisti curdi, rende noto UIKI, un tweetstorm con l’hashtag #NoFlyZone4Rojava, sostenuto anche da migliaia di persone in tutto il Rojava scese in piazza con manifesti e cartelloni.
Durissima reazione in Italia ai bombardamenti turchi è venuta dal neosegretario di Rifondazione Maurizio Acerbo. Nell’ottantesimo anniversario, attacca il dirigente del Prc, si sta consumando una “nuova Guernica”, di cui l’Italia non deve rendersi complice, ritirando l’ambasciatore in Turchia e chiedere la convocazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU “per fedeltà ai valori celebrati nella ricorrenza del 25 aprile”.
La Turchia sta colpendo prevalentemente giornalisti e stazioni radio è la denuncia di Mervan Rojava, un addetto stampa delle YPG, rilanciata dall’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia (UIKI). Negli stessi giorni una mina dell’ISIS ha ucciso uno dei fondatori della stampa YPG, Xerib Welat. “Per Ankara – dichiara Rojava – silenziare la stampa YPG ha una rilevanza strategica, perché nel Paese non sono quasi rimasti corrispondenti occidentali”, di conseguenza la stampa curda “rappresenta quasi l’unico antipolo rispetto alla propaganda dei media turchi”.
La lotta turca contro la libertà dell’informazione non ha risparmiato neanche Wikipedia: alle 8 del mattino del 29 aprile l’accesso all’enciclopedia online è stato bloccato dal BTK, l’Autorità delle Tecnologie di Comunicazione e Informazione.