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Lunigiana, quando il Pd manifestava per i carabinieri indagati

Aulla, il sindaco del Pd è l’avvocato di alcuni dei carabinieri indagati per i pestaggi in caserma e il Pd, già a marzo, aveva organizzato una manifestazione di solidarietà con l’Arma

di Ercole Olmi

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Sembrano increduli i residenti di Aulla (Massa Carrara) per gli sviluppi dell’inchiesta sui pestaggi nelle caserme dei carabinieri venuti alla luce durante un’inchiesta della procura di Carrara. Increduli e imbarazzati perché il difensore di alcuni dei 9 carabinieri è un potente avvocato della zona ed è appena diventato sindaco di questa città al confine tra Toscana e Liguria, 12mila abitanti, finora nota solo per le bizzarrie di un suo vecchio sindaco socialista, Lucio Barani, che ha spaccato a metà una piazza per intitolarla a Craxi mentre il rimanente continua a chiamarsi Piazza Gramsci. Socialista, quindi, nel controverso significato ì assunto in Italia dopo gli anni della Milano da bere, agli albori del saccheggio liberista di risorse e diritti. Allora quel sindaco vietò l’ingresso in città a chiunque avesse a che fare con mani pulite proclamando Aulla «comune dedipetrizzato». Ora quel sindaco è senatore eletto con il Popolo della libertà e ha appena festeggiato l’elezione a sindaco di Roberto Valettini, del Pd che, giusto un mese prima di lanciarsi nella corsa alle amministrative, ha assunto la difesa dei militari coinvolti nell’inchiesta secondo un’impressionante lista di 104 reati ipotizzati dai pm. Era il mese di marzo e il Pd si fece carico di raccogliere i boatos della rete, la retorica agghiacciante di chi sta con le forze dell’ordine senza se e senza ma, promuovendo una manifestazione cittadina a sostegno dell’Arma in perfetto stile Coisp, il sindacatino di polizia famoso per le sue controverse dichiarazioni contro le vittime di malapolizia, contro i loro familiari e contro i giornalisti che osino fare cronaca e contro i migranti di fede islamica.

Il territorio fu tappezzato di manifesti mentre nei social circolavano post a sfondo razzista su una presunta emergenza sicurezza che questa città non ha mai vissuto. Nelle cronache recenti, piuttosto, si registrano episodi di vandalismo e bullismo commessi da rampolli giovanissimi di famiglie perbene e se di degrado si deve parlare va piuttosto riferito alle criminali e dissennate politiche urbanistiche che hanno consentito che si cementificasse l’impossibile finché il fiume Magra non ha detto stop con la spaventosa alluvione del 2011 che uccise due persone e cacciò di casa decine di famiglie delle case popolari costruite dove non doveva succedere. Da allora c’è un viavai di emissari di Striscia la notizia perché le scuole sono ancora ospitate nei container.

L’emergenza sicurezza, come spesso succede, anche ad Aulla si declina nel suo contrario: si è insicuri perché scorazzano militari e agenti che si sentono al di sopra della legge e commettono abusi come se l’illegalità fosse la normalità. E’ quello che scrivono i magistrati pur sottolineando che sarebbero solo mele marce, che la fiducia nell’Arma è intatta eccetera eccetera.

Quell’11 marzo, il Pd portò decine di persone, complice anche il passaggio dal mercato settimanale, nella piazza del Comune e potrebbe farlo ancora dopo gli arresti di ieri. Allora furono distribuiti volantini di vicinanza all’Arma dando anche la possibilità ai passanti di lasciare un messaggio di solidarietà per i carabinieri, scrivendo un biglietto da inserire in una teca. «La Procura sta mal interpretando la realtà della strada – si leggeva su un volantino – penalizzando l’esecuzione della nostra sicurezza». «Conosciamo bene quei ragazzi in divisa – avevano spiegato alcuni nella piazza – e conosciamo anche coloro che li hanno accusati, sono quelli da cui ci proteggevano». Durante la manifestazione era stata fatta suonare anche una sirena simile a quella delle auto dei carabinieri in servizio, seguita da un lungo applauso e dal grido «Viva i nostri carabinieri». E in rete giravano frasi fatte come “Loro fanno tanto per noi, e noi per loro?“. Nessun dubbio, ad Aulla come a Roma, da parte del Pd, sui frutti avvelenati di un’emergenza sicurezza costruita ad arte proprio da chi ha governa i processi mostruosi dell’austerità e del neoliberismo. La guerra dei penultimi contro gli ultimi è lo strumento più pratico per distrarre i poveri dalle responsabilità di chi li deruba di futuro. Il Pd non è solo il partito che difende i carabinieri di Aulla e Albiano Magra, ma è il partito dei decreti Minniti-Orlando, i suoi padri nobili – Napolitano e Veltroni – hanno inventato i “lager” per migranti e il primo pacchetto sicurezza. Non esisteva ancora ai tempi di Genova 2001 ma i suoi soci fondatori, Ds e Margherita, non hanno mai voluto una vera inchiesta parlamentare sulle violenze di quel luglio preparate dalla sanguinosa anteprima della mattanza di Napoli, il 17 marzo del 2001, dall’allora ministro degli Interni Enzo Bianco, oggi sindaco Pd a Catania. Dopo l’11 marzo, ad Aulla, anche Forza Italia volle fare un security day in una rincorsa che, anche a livello nazionale, vede impegnati i rispettivi partiti in gara a chi è più razzista, autoritario, sicuritario, anticostituzionale.

Intanto la cronaca si arricchisce di dettagli: c’erano le microspie anche sulle auto di servizio dei carabinieri della Lunigiana finiti sotto inchiesta, una ventina. Uno di loro è in carcere, tre sono agli arresti domiciliari e quattro hanno il divieto di dimora nella provincia di Massa Carrara. Tra questi ultimi un maresciallo, sospeso dal servizio perchè aveva anche funzioni di comando. «Si, abbiamo utilizzato anche le intercettazioni ambientali e telefoniche e sono emerse tante situazioni di illegalità», conferma il procuratore Aldo Giubilaro titolare dell’indagine assieme al sostituto Alessia Iacopini. I reati contestati a vario titolo sono lesioni, falso in atto pubblico, sequestro di persona, violenza sessuale. Il gip De Mattia che ha firmato l’ordinanza di misure cautelari ha accolto le richieste della procura contestando ben 104 capi di imputazioni. C’è la storia del ragazzo marocchino violentato durante una perquisizione antidroga, il caso di un clochard caricato a forza sull’auto di servizio e manganellato, lo stupro di una giovane prostituta. Poi altri pestaggi in caserma dove, sempre secondo le accuse, venivano falsificati i verbali. Sei carabinieri erano in servizio alla stazione di Aulla, due ad Albiano Magra, tutti in provincia di Massa Carrara.

L’inchiesta dimostra, secondo il presidente di Amnesty Italia Antonio Marchesi, che «il problema degli abusi delle forze di polizia in Italia esiste e va affrontato con strumenti adeguati, che nel nostro ordinamento ancora mancano. Emergono particolari sconcertanti, soprattutto riguardo alla riferita sistematicità dei presunti comportamenti criminali. Rimuovere, far calare il silenzio non è mai la soluzione. È nell’interesse delle forze di polizia, del loro buon nome, della loro autorevolezza e della loro efficacia, accertare fatti e responsabilità e poi sanzionare con pene adeguate alla gravità dei fatti accertati chi fra i propri appartenenti compie violazioni dei diritti umani».

«Speriamo che l’inchiesta per i fatti della caserma di Aulla veda la piena partecipazione dell’Arma dei Carabinieri. Confidiamo che ciò avvenga», dice Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. «Si tratta – dice – di fatti gravi che richiedono la collaborazione di tutte le istituzioni affinché si arrivi a verità e giustizia. Dunque ci affidiamo ai pm e alle loro indagini senza avere presunzioni di colpevolezza». «Comunque – aggiunge Gonnella – sarebbe importante che se mai si arrivasse a processo, lo Stato si costituisse parte civile. Chi ha compiti di ordine pubblico ha un dovere in più di muoversi nella legalità. Deve esserne esempio». Secondo Gonnella, «le violenze sistematiche evocano la parola tortura. Parola impronunciabile nelle aule di giustizia italiane perché la tortura non è reato nel nostro paese nonostante obblighi internazionali vecchi di trent’anni».

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