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Sos dall’Ex Penicillina: «Siamo solo poveri»

Ex Penicillina nel mirino di Salvini ma le centinaia di persone che vivono nella fabbrica abbandonata hanno un piano B

di Frannie Carola Zarca

«Siamo esseri umani, siamo abitanti della Terra»: chi vive nell’Ex Penicillina lo ha ribadito, più volte e a gran voce. Deve essere ricordata a qualcuno questa assoluta, inconfutabile verità, nel 2018? Purtroppo sì, perché c’è chi nega e rifiuta di riconoscere il diritto all’esistenza delle persone, chi vuole aggravare i problemi, farli precipitare anziché risolverli, procurare disperazione, alienazione, disagio estremo. Vivere in uno spazio come l’Ex Penicillina è al limite della sopravvivenza, per i rifiuti tossici, l’amianto, per l’assenza di servizi minimi e indispensabili, per la marginalizzazione, l’esclusione a cui si è sottoposti. Ma è pur sempre un rifugio rispetto ai pericoli e all’assenza delle condizioni minime per vivere, che caratterizza la vita in strada. Le soluzioni ci sono? Si! Conosciute, sancite, ma non applicate. La requisizione, il trasferimento in spazi abitativi dignitosi ( ce ne sono innumerevoli), la bonifica e il riutilizzo delle cubature per costruire case popolari e spazi sociali per tutti e tutte coloro che ne hanno bisogno e diritto sono le soluzioni, ripartendo da un principio fondamentale: siamo tutti esseri umani e tutti e tutte abbiamo gli stessi diritti. Oggi gli abitanti della Ex Penicillina hanno detto di non sentirsi più soli: questa affermazione ha riaperto un varco nell’oscurantismo in cui queste politiche atroci stanno cercando di gettarci. Non sentirsi e non essere soli nei problemi, nella disperazione è la forza che serve per ripartire, per cambiare le cose, e solo uniti e solidali le cose si possono davvero cambiare. La cittadinanza che si schiera dalla parte dell’umanità deve rimanere unita e solidale con chi è stato impoverito e abbandonato, e insieme rivendicare il diritto alla casa, al lavoro, ai servizi, a un’esistenza dignitosa. Le soluzioni sono state individuate, ci sono. Prenderle in considerazione anziché aggravare una situazione al limite è il dovere umano, politico, etico che le istituzioni hanno l’obbligo di assumersi e noi cittadini tutti. 

Cumuli di rifiuti tra gli scheletri di vecchie costruzioni industriali, panni stesi su montagne di bottiglie accatastate, balconi pericolanti, topi e baracche. Chi abita nella fabbrica abbandonata dell’ex Penicillina sulla Tiburtina, tra i primi nella lista dei 27 edifici con priorità di sgombero a Roma, non esita a definirla un «relitto». «Oggi lanciamo un S.O.S. – ha detto John, uno degli occupanti nord africani nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta stamattina nell’edificio occupato – siamo costretti a vivere in questo posto dove ci sono rifiuti, anche tossici, parti pericolanti e senza luce. Noi non siamo delinquenti né banditi, siamo solo poveri. Viviamo qui perché non abbiamo alternativa».

 

Gli occupanti sono pronti a lasciare l’edificio a patto, però, che l’alternativa non sia vivere in strada. «Non deve essere uno sgombero – hanno ripetuto più volte – ma un’evacuazione con un’alternativa alloggiativa dignitosa. Abbiamo bisogno di una casa». E hanno lanciato anche una proposta per far nascere «l’altra Penicillina». «Dopo l’evacuazione, lo stabile venga requisito dal Comune per poi essere bonificato e aperto al pubblico ad esempio con spazi per bambini e disabili». In caso di sgombero senza un’alternativa gli occupanti si dicono pronti a fare «una catena umana lungo via Tiburtina».

E proprio per cercare una soluzione chiedono «l’apertura di un tavolo interistituzionale con Prefettura, Comune e Regione» e annunciano «a breve una manifestazione in Campidoglio». Ad appoggiarli anche Aboubakar Soumahoro, Usb.«Viene detto prima gli italiani, ma qui ci sono anche italiani. Allora vuol dire che i poveri non ne fanno parte. Le politiche delle ruspe creano illegalità – ha sottolineato – Il 15 dicembre a Roma saremo in piazza contro qualsiasi forma di razzismo, sessismo e discriminazione. Metteremo al centro chi vive in situazioni come questa. Gli occupanti chiedono un tetto dove dormire e di essere regolarizzati dopo tanti anni in Italia».

Sono circa 600 le persone che al momento vivrebbero nell’occupazione. Molti sono nord africani, ma ci sono anche italiani. La maggior parte vengono dall’Africa, Gambia, Nigeria, Costa D’Avorio e Camerun.

«Qui dentro ho visto l’orrore. C’è amianto anche in forma disgregata, medicinali scaduti, reagenti e solventi». Lo ha detto il professor Andrea Turchi, chimico in pensione che da anni si interessa dell’ex Penicillina. «Sessant’anni anni fa questo luogo era un gioiello dove lavoravano 1600 persone – racconta – Da 13 anni qualunque tipo di produzione é finita». «L’amianto qui serviva per coibentare le tubature – dice – ora qui non ci sono più finestre e il vento porta l’amianto non solo nelle bocche degli occupanti ma anche dei cittadini di San Basilio. Ci sono medicinali utilizzati come tappeti e in caso anche per costruire un letto. Ci sono bottiglie di acido solforico e di ammoniaca piene. Nei sottoscala c’è un magazzino chimico invaso dalle acque e noi non sappiamo cosa ci sia dentro. Questo è un pericolo ambientale che andava sanato 13 anni fa».

Alla conferenza, organizzata all’interno della struttura, ha preso parte anche Patrizia Sterpetti, antropologa pacifista che ha preso a cuore la causa degli occupanti. «Molti – ha spiegato – erano già a Via Vannina, un’altra occupazione sgomberata. Io ho raccolto i loro curricula, ne ho circa 170. Ci sono elettricisti, parrucchieri, falegnami. Li abbiamo fatti iscrivere a Garanzia giovani e uno di loro adesso ha anche un contratto». «La questione – aggiunge – è la difficoltà a rinnovare i permessi di soggiorno, ma lo voglio dire: qui ci sono persone straordinarie, estremamente oneste che sono grandi risorse umane per il nostro paese».

 

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