Rapporto Antigone: la pandemia sia l’opportunità per non tornare al sovraffollamento. Serve verità e giustizia per le morti nella rivolta
Erano 52.679 i detenuti presenti nelle carceri italiane lo scorso 15 maggio. 8.551 in meno rispetto a fine febbraio. Il tasso di affollamento attuale è del 112,2%, mentre due mesi e mezzo fa era del 130,4%. Da 5 anni, dal periodo post sentenza Torreggiani, il numero di persone recluse nei penitenziari italiani non era così basso. Da allora era stata una costante crescita fino alla quota di 61.230 registrata proprio alla fine del mese di febbraio. Il rischio, denunciato anche in passato da Antigone, era che questo costante aumento avrebbe potuto portare il sistema carcerario nuovamente a quella condizione che costò all’Italia la condanna della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per trattamenti inumani e degradanti.
“Lo scoppio della pandemia – ha sottolineato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – ha messo a nudo tutte le problematiche del nostro sistema penitenziario che da anni andiamo sottolineando e denunciando, in primis quello del sovraffollamento. Anche nei precedenti rapporti sottolineavamo come servissero politiche penali e penitenziarie più miti, con un utilizzo meno frequente della custodia cautelare e la concessione di misure alternative alla detenzione per tutti quei detenuti, erano quasi 20.000, che hanno pene da scontare inferiori ai tre anni. Improvvisamente, la necessità di fare spazio per prevenire i contagi, ha visto mettersi in moto una macchina che in poche settimane è riuscita a fare quello che fino a pochi giorni prima dello scoppio della pandemia sembrava impossibile solo a dirsi”.
I detenuti in due mesi e mezzo diminuiscono del 13,9%. Da fine febbraio al 19 marzo le presenze in carcere sono calate di 95 persone in meno al giorno. Questa tendenza accelera con l’entrata in vigore del decreto “Cura Italia”, che prevede le prime misure deflattive: dal 19 marzo al 16 aprile la popolazione detenuta cala ulteriormente di 158 persone al giorno. Dal 16 aprile 2020 in poi il clima cambia. Si pone il tema delle scarcerazioni di persone appartenenti alla criminalità organizzata e le presenze in carcere iniziano a calare di 77,3 presenti al giorno, meno della metà di prima.
Il Garante nazionale riferisce che le detenzioni domiciliari concesse fra il 18 marzo e il 15 maggio erano 3.282, e in 919 casi era stato adottato il braccialetto elettronico. Sono persone condannate per reati non gravi con meno di 18 mesi da scontare.
“Un altro aspetto importante è stata la concessione di strumenti tecnologici attraverso i quali i detenuti potessero sentire i propri familiari – ha dichiarato ancora Gonnella”.
Anche in questo caso, da tempo Antigone conduceva una battaglia affinché il carcere si aprisse a questi strumenti di comunicazione. I 10 minuti a settimana di telefonate, così come previste nell’ordinamento penitenziario del 1975, potevano forse andar bene all’epoca, ma di certo non oggi. Anche in questo caso ci siamo sempre sentiti rispondere che questa dotazione avrebbe posto problemi di sicurezza. Con lo scoppio della pandemia e la chiusura dei colloqui in presenza sono arrivati nelle carceri oltre 1.600 tra smartphone e tablet e il numero di telefonate concesse settimanalmente è stato aumentato.
“La pandemia – conclude Gonnella – ci ha dimostrato che sistema penale e penitenziario possono essere più miti e attenti ai diritti, senza che questo pregiudichi in alcun modo la sicurezza pubblica. Dunque, ci auguriamo che le istituzioni si facciano contagiare dal buon senso e ci si muova in una direzione di meno carcere e più opportunità sociali”.
Intanto, sono 754 le persone che, al 20 maggio 2020, hanno dato il loro sostegno al Comitato per la verità e la giustizia sulle morti nelle carceri avvenute nei giorni delle proteste scoppiate l’8 marzo scorso. Ne dà notizia la newsletter dello stesso comitato ricordando i nomi dei morti (Marco Boattini, Salvatore Cuono Piscitelli, Slim Agrebi, Artur Iuzu, Hafedh Chouchane, Lofti Ben Masmia, Ali Bakili, Erial Ahmadi, Ante Culic, Carlo Samir Perez Alvarez, Haitem Kedri, Ghazi Hadidi, Abdellah Rouan, morti in stato di detenzione a seguito dei disordini nelle carceri del marzo 2020) e tornando a chiedere che «il Ministro della Giustizia e il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria rendano noti i luoghi e le circostanze del decesso di ciascuno e i risultati delle autopsie. Subito!». Servono informazioni dai luoghi teatro di questa tragedia; servono storie di chi l’ha vissuta e la sta vivendo; servono contatti con familiari, amici, volontari, avvocati cui il Comitato può dare parola in prima persona; serve il lavoro di giornalisti e mediattivisti locali; servono pareri competenti; servono prese di posizione. E serve diffondere e far circolare informazione, per fare pressione verso la verità. Per comunicare, intervenire, dialogare e rilanciare questa è la pagina Facebook del Comitato
A questo link è possibile leggere il rapporto completo di Antigone.
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