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È la più grande azienda digitale ma Sogei frena sullo smart working

La denuncia delle rappresentanze sindacali: «Sogei fa rientrare lavoratori che svolgono il lavoro a distanza da marzo con ottimi risultati»

«È il momento di incrementare lo smart working, e invece Sogei fa rientrare in ufficio lavoratori che svolgono il lavoro a distanza da marzo con ottimi risultati!». Le Rsu e Rls, le rappresentanze sindacali unitarie e quelle alla sicurezza dei lavoratori, denunciano chel’ultima direttiva aziendale, appena uscita, prevede il rientro in azienda dei genitori di figli di età fino a 14 anni. Una scelte che « preoccupa non solo per le maggiori difficoltà che imporrà ai lavoratori con figli in età scolastica, perlopiù in orario ridotto provvisorio o in didattica a distanza, ma per l’evidente mancanza di visione d’insieme della situazione nella città di Roma e nell’intero Paese. Stiamo vivendo una situazione di eccezionale gravità: se non si contribuisce tutti a porre in essere i comportamenti necessari al controllo dei contagi, si rischia di precipitare di nuovo in una situazione drammatica. Non è un atteggiamento catastrofista: i casi di contagio a Roma il 13 ottobre hanno toccato il picco assoluto; i reparti Covid degli ospedali in città sono già saturati; a livello nazionale l’incremento del numero di pazienti in terapia intensiva il 13 ottobre è stato pari a ciò che avveniva il 3, il 4 e il 5 marzo. Sono numeri che danno l’idea di una situazione pericolosa, che va affrontata con spirito di collaborazione e di unità». Per questo i lavoratori Sogei pensano che adottare provvedimenti che aumentino la circolazione di persone in ufficio, nelle mense, sui mezzi pubblici, sia «profondamente sbagliato».

Tutto deciso senza nemmeno consultare le rappresentanze sindacali, limitandosi ad una comunicazione dei provvedimenti «pochi minuti prima dell’invio della mail a tutti i lavoratori», si legge nel comunicato Rsu-Rls. «Sembra di essere tornati a inizio marzo, quando la Direzione Aziendale, pur essendone in grado, grazie al lavoro dei tecnici d’eccellenza di cui Sogei dispone, stentava a decidersi a utilizzare il lavoro a distanza per tutti i lavoratori, continuando a inseguire giorno per giorno i decreti delle autorità, autorizzando il lavoro a distanza prima per i lavoratori fragili e per i genitori di figli fino a 14 anni (la richiesta del sindacato era stata inviata il 25 febbraio, il lavoro a distanza autorizzato il 5 marzo, quasi dieci giorni dopo!), poi i lavoratori con familiari fragili e che usano i mezzi pubblici (9 marzo), infine a distanza di poche ore, finalmente, tutti i lavoratori: ma solo dopo il DPCM che istituiva il lockdown a livello nazionale».

A sconcertare i dipendenti è l’attendismo del management rispetto alle disposizioni governative e la ritrosia a utilizzare «le proprie eccezionali capacità tecniche e organizzative per offrire un contributo di sicurezza a sé stessi e a tutta la collettività, centellinando le estensioni al lavoro a distanza come se fosse un elemento costoso per l’azienda o causasse danno alle attività o alla produttività, se era in parte giustificato 7 mesi fa dalla necessità di misurarsi concretamente con il lavoro a distanza svolto da tutti i lavoratori, appare invece assolutamente ingiustificato oggi, con un’esperienza consolidata alle spalle».

Sogei è la più grande azienda digitale del paese, ricorda il sindacato interno, «e da grande azienda si deve comportare! Far rientrare lavoratori in azienda in un momento come questo, per un’azienda che non ha nessun motivo economico, organizzativo e produttivo per farlo, è un’incoscienza da evitare. Far rientrare lavoratori che devono utilizzare i mezzi pubblici per arrivare in azienda, lo è altrettanto. Far rientrare lavoratori che coabitano con persone fragili, anche se non rientrano perfettamente nelle norme disegnate a livello nazionale, costituisce un inutile rischio, che se non evitato rischia di attribuire all’azienda responsabilità terribili, in maniera del tutto insensata. Per questo chiediamo la limitazione delle presenze a quelle degli addetti alle attività da svolgere necessariamente in presenza, come dal 9 marzo, lasciando la possibilità di ulteriori rientri a quei lavoratori che in coscienza ritengano di poter lavorare in sede senza arrecare rischi a sé e agli altri, in maniera volontaria. Chiediamo un maggior coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni aziendali. Chiediamo una normativa contrattuale che regoli il nostro lavoro in questo, ormai lunghissimo, periodo di emergenza. Chiediamo scelte in grado di contribuire alla sicurezza dei lavoratori, dell’azienda, della nostra città e del nostro Paese».

Ecco l’appello dei lavoratori Sogei al governo

La Sogei S.p.A. è uno dei principali agenti della digitalizzazione del paese; occupa circa 2300 lavoratori ed è stata recentemente incaricata di gestire la App “Immuni” per il tracciamento dei “contatti stretti” in caso di contagio da Covid-19. Da marzo a luglio siamo riusciti a mantenere, e probabilmente ad incrementare, la quantità e il livello di servizi delle prestazioni erogate, con un utilizzo quasi totale del lavoro a distanza, e una presenza negli uffici delle varie sedi che si attestava intorno alle 100 unità: un grande contributo alla sicurezza dei lavoratori e della collettività, che ha comportato anche grossi risparmi aziendali (sui servizi, come la mensa, sull’energia), e una prestazione lavorativa “estesa”, senza vincoli di orario e di impegno, visto che nessuna regolazione sulla base di accordo sindacale è stata accettata dalla Direzione. A luglio, con il calo dei contagi, è stato operato un “piano di rientro” che ha portato a circa 6-700 il numero dei lavoratori in ufficio: era allora comprensibile che si ritenesse di poter aumentare il personale “in presenza”, sebbene molte aziende non l’abbiano fatto, e sebbene un’azienda in prima linea per la digitalizzazione avrebbe dovuto fare del lavoro a distanza un “fiore all’occhiello”, e non un peso da scrollarsi di dosso il prima possibile. Ma adesso il piano di rientro si intensifica, richiamando dal 19 ottobre al lavoro i genitori con figli fino a 14 anni, che sono in smart working da marzo. Con il quadro dei contagi, dei ricoveri e delle terapie intensive in crescita esponenziale, una decisione simile presa da un’azienda che dovrebbe essere un esempio di digitalizzazione e che ha già dimostrato di poter lavorare quasi totalmente a distanza con ottimi risultati, significa innalzare senza alcun motivo il rischio di contagio dei lavoratori e rifiutare di dare un contributo alla collettività, sotto forma di un minor assembramento di persone nella città di Roma e soprattutto sui mezzi pubblici. I manager, evidentemente, non sono pronti a riconoscere il contributo dato dal lavoro a distanza nel contenimento del contagio. Facciamo quindi appello al Governo perché indichi con precisione l’obbligo di svolgere lavoro a distanza, qualora sia tecnicamente possibile, e anche perché scelga manager delle imprese pubbliche che sappiano riconoscere le loro responsabilità sociali e i loro doveri nei confronti della collettività.

 

1 COMMENTO

  1. Sogei non fa altro che sub appaltante, a spese dei contribuenti, ad aziende private come Almaviva o HP non sanno neanche creare un documento Word, lasciateli a casa in “smart working” almeno non fanno traffico.

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