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Perché quello che accade ai palestinesi riguarda anche noi

Vita, terra e libertà. I diritti fondamentali della popolazione palestinese ci riguardano [Gruppo disarmo pace giustizia nella Società della Cura]

Le notizie sempre più drammatiche che giungono da Gerusalemme, Ramallah, Gaza e dall’intera Palestina e Israele, ripropongono a tutte e tutti noi il richiamo ad andare oltre la pur necessaria solidarietà con donne e uomini, bambine e bambini palestinesi, facendo nostro il loro dolore. Già da settimane la volontà israeliana di occupare ulteriori porzioni dei territori palestinesi – come nel caso del quartiere di Sheikh Jarrah – ha spinto a manifestazioni di crescente violenza in cui bande di coloni e di estremisti di destra hanno attraversato Gerusalemme al grido di “morte agli arabi”.

I lutti, le umiliazioni, il furto di terra e la cacciata dalle proprie case, lo stravolgimento delle basi essenziali per una vita dignitosa e sicura, aperta al futuro, tutto ciò ci riguarda profondamente come persone che da tempo cercano di contribuire alla costruzione di un mondo che riconosca a tutti/e    diritti universali, tra cui quello alla convivenza anche tra diverse/i, ma nella giustizia, che ne è una componente irrinunciabile.

Il dolore che proviamo per le vittime palestinesi abbraccia con la stessa convinzione quelle israeliane, come la denuncia della violenza contro i civili, riguarda anche quella di Hamas e di gruppi armati in Gaza. Ma questo non può oscurare la profonda differenza tra le parti, e non solo nella macabra contabilità delle morti e delle devastazioni, decisamente più pesanti quelle a scapito della Palestina.

La disparità più pervasiva, è che, occorre sempre ricordarlo, la Palestina è un paese sotto occupazione israeliana militare ed economica da decenni e che da troppo tempo, per troppi governi, per una troppo larga parte della popolazione di Israele, le/i palestinesi non sono persone cui riconoscere uguale dignità umana e uguali diritti di cittadinanza. Basta guardare alla “Legge dello Stato-nazione”, approvata dalla Knesset (il Parlamento israeliano) il 18 luglio 2018, che sancisce uno status di inferiorità dei cittadini/e palestinesi, mentre continua contraddittoriamente a pretendere che Israele sia uno stato “ebraico e democratico”. Se lo stato si proclama ebraico non può essere democratico, perché non si fonda sull’uguaglianza tra tutte/i le/i cittadine/i. Se si dichiara democratico non può essere ebraico, poiché una democrazia non istituisce privilegi sulla base dell’origine etnica. Benché esaltato come “l’unica democrazia del Medio Oriente”, con quella legge e con le sue pratiche Israele sancisce la scelta di essere uno stato di apartheid, come hanno recentemente documentato i rapporti dettagliati della ONG internazionale Human Rights Watch e di quella israeliana B’tselem.

Tutto ciò ci riguarda, anche perché vi sono implicati anni di politica estera e militare del governo italiano, connivenze e complicità tra i due paesi, accordi commerciali e militari – il più recente a fine settembre 2020 in contraddizione con la Legge 185/90 che vincola il nostro paese a non vendere armi a paesi in guerra e/o che non rispettino i diritti umani, ciò che sta facendo Israele a danno della Palestina.

Né possiamo tacere il pericolo che Israele rappresenta in quanto potenza nucleare che ha accumulato un arsenale nucleare sottratto ad ogni controllo, la cui esistenza, mai ammessa dai governi israeliani, rende impossibile interagire con quel paese sulle prospettive di produzione, uso, smantellamento a livello globale.

Pur consapevoli dei nostri limiti come gruppo, per parte nostra ci impegniamo a mantenerci il più possibile a contatto con coloro che in Palestina vivono (o si sforzano di sopravvivere come singole persone e come popolo), prendono iniziative e ci chiamano all’assunzione di responsabilità per contribuire a fare cessare immediatamente le uccisioni e le distruzioni, nella prospettiva di quella con-vivenza ormai diventata ineluttabile tra coloro che abitano quelle terre da anni, da secoli o anche da millenni.

Tra le iniziative realizzabili citiamo:

  • promuovere e condividere manifestazioni volte a chiedere che cessino i bombardamenti e ogni altra azione violenta;
  • dare sostegno all’iniziativa BDS (boicottaggio, disinvestimenti, sanzioni), lanciata da centinaia di ONG palestinesi e ripresa da gruppi di tutto il mondo per chiudere ogni rapporto commerciale con aziende israeliane complici dell’Occupazione di territori palestinesi;
  • agire a sostegno dei/delle Palestinesi che vogliono vivere nella pienezza dei loro diritti, ma anche con coloro che in Israele denunciano l’insostenibilità della situazione in atto;
  • fare pressioni sulle Istituzioni italiane ed europee perché agiscano per mettere fine, anche con sanzioni, alla politica coloniale di Israele e lo obblighino a rispettare il diritto internazionale.

*Gruppo disarmo pace giustizia nella Società della Cura, convergenza di associazioni e organizzazioni diverse per affrontare il collasso climatico e l’ingiustizia sociale ripudiando la gerarchia di valori e poteri che governa il mondo

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