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Francia, niente estradizione per gli esuli degli anni 70 e per Vecchi

Le ragioni del diritto battono la voglia di vendetta dello Stato italiano. Terminano le vicissitudini giudiziarie di Pietrostefani, Marina Petrella, Vincenzo Vecchi e gli altri

La Corte di Cassazione francese, infatti, ha appena messo definitivamente fine a due anni di dibattito giuridico sulla sorte di dieci ex militanti italiani di estrema sinistra, rifugiati in Francia dagli anni ’80, condannati in Italia per atti terroristici commessi durante gli “anni di piombo” (così sono chiamati quegli anni da chi vuole demonizzare il conflitto sociale tout court), tra il 1972 e il 1982.

Con una sentenza emessa martedì 28 marzo, la Camera penale della massima corte francese ha respinto i ricorsi presentati dalla procura della Corte d’appello di Parigi, dando ragione ai giudici della Corte d’appello che, nel giugno 2022, si erano pronunciati contro l’estradizione.

Basandosi sugli articoli 6 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), la Corte d’appello aveva inizialmente rilevato che molti degli ex attivisti erano stati processati in loro assenza e senza la possibilità di difendersi in un nuovo processo, il che è contrario al diritto a un equo processo.

La Corte d’appello ha inoltre considerato che vivevano in Francia da 25-40 anni, con una situazione familiare stabile, erano professionalmente e socialmente integrati e avevano interrotto ogni legame con l’Italia: per la Corte d’appello, la loro estradizione avrebbe quindi violato in modo sproporzionato il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Di età compresa tra i 61 e i 78 anni, i dieci ex militanti, due donne e otto uomini, ex membri delle Brigate Rosse o di un gruppo armato di estremisti di sinistra, erano oggetto di una procedura di estradizione da quasi due anni. Con grande sorpresa, dopo mesi di trattative, nella primavera del 2021 il presidente Emmanuel Macron ha deciso di favorire l’esecuzione delle richieste recentemente rinnovate dall’Italia.

Durante le udienze davanti alla Corte d’appello, alcuni di questi ex attivisti hanno raccontato ai magistrati la loro vita in Francia per circa quarant’anni. Tutti loro pensavano di essere protetti sul suolo francese, hanno detto loro stessi o attraverso i loro avvocati, grazie alla dottrina Mitterrand. L’ex presidente socialista si era infatti impegnato a non estradare gli ex attivisti italiani che avevano rotto con il loro passato.

Un periodo di violente lotte sociali, gli “anni di piombo”, che furono segnati, oltre che da stragi di stato e abusi di polizia, da un botta e risposta tra l’ultra-destra e l’ultra-sinistra, costituito da una miriade di raggruppamenti rivoluzionari, alcuni dei quali, come le Brigate Rosse, provocarono più di 360 morti attribuiti a entrambe le parti, migliaia di feriti, diecimila arresti e cinquemila condanne.

Esattamente due anni fa, era l’aprile del 2021, l’avevano chiamato Ombre rosse, il dossier riguardante dieci arrestati: Roberta Capelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi – tutti e tre ex appartenenti alle Brigate Rosse – e Narciso Manenti, dei nuclei armati contropotere territoriale; Giovanni Alimonti ed Enzo Calvitti, anche loro delle Br, Giorgio Pietrostefani, ex di Lotta Continua condannato per l’omicidio Calabresi, l’ex militante di Autonomia Operaia Raffaele Ventura, condannato a 20 anni per concorso morale nell’omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra; Luigi Bergamin e Maurizio Di Marzio. Al momento degli arresti, la ministra Cartabia aveva definito «storica» la decisione della Francia di «rimuovere ogni ostacolo al giusto corso della giustizia per una vicenda che è stata una ferita profonda nella storia italiana». Ma sembra resistere il fondamento giuridico della dottrina Mitterand, nonostante le parole di Macron e del ministro della Giustizia in favore dell’estradizione.

Nelle stesse ore di martedì 28 marzo, la procura di Lione ha annunciato che non presenterà ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Lione, che ha respinto la richiesta di estradizione presentata dall’Italia nei confronti di Vincenzo Vecchi, attivista no global italiano, ponendo così fine al procedimento a suo carico.

Venerdì 24 marzo, la sezione istruttoria della Corte d’Appello di Lione aveva nuovamente rifiutato di consegnare Vincenzo Vecchi alla giustizia italiana, che nel 2009 lo aveva condannato a dieci anni di carcere per aver partecipato alle violenze durante le manifestazioni del G8 a Genova nel 2001 negli stessi scontri di strada per cui la giustizia italiana non ha mai voluto aprire fascicoli per i crimini commessi da uomini di polizia, carabinieri e Gdf.

Gli avvocati di Vecchi e il suo comitato di sostegno, infatti, hanno sottolineato che l’attivista è stato condannato nel contesto della feroce repressione scatenata contro i manifestanti anti-globalizzazione. Vincenzo Vecchi era stato condannato anche per “devastazione e saccheggio”, un reato creato sotto il regime del leader fascista Mussolini, che non ha equivalenti in Francia.

Queste argomentazioni avevano convinto le corti d’appello di Rennes nel 2009 e di Angers nel 2020, che avevano già respinto la richiesta italiana. Ma ogni volta la Procura aveva fatto ricorso alla Corte di Cassazione. Ogni volta, la Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni e ha rinviato il caso a una nuova corte d’appello.

Questa volta, la procura ha deciso di non impugnare la decisione della Corte d’appello di Lione, che è diventata definitiva. “È un enorme sollievo, il riconoscimento di una lotta legittima durata quattro anni”, ha dichiarato Maxime Tessier, uno degli avvocati dell’italiano, all’Agence France-Presse.

Mastica amaro Salvini, masticano amaro i suoi cortigiani e tutti coloro che hanno nel sangue la voglia di vendetta delle classi dominanti nei confronti delle lotte degli anni 70, il periodo di conflittualità sociale più alto da parte dei ceti tradizionalmente sfruttati. La lotta al terrorismo (chi scrive non ha mai avuto simpatie per i partiti armati) non c’entra niente con la violenza verbale, concreta e morale di chi conduce una lotta senza quartiere nei confronti di esuli e fuggiaschi di una guerra finita tanto tempo fa che poi sono gli stessi che conducono una guerra senza quartiere con esuli e fuggiaschi che fuggono da guerre e miserie contemporanee e non fanno nulla perché non anneghino in mare. Dare in pasto esuli degli anni 70 alle patrie galere, infatti, è solo funzionale al bisogno di sangue di un ceto politico che ha solo paura e nemici immaginari da offrire alla sua area di opinione pubblica. Però questa lotta senza quartiere è anche senza grandi ragioni visto che la magistratura francese – nonostante anche in Francia la destra nutra un’ossessione contro i valori del 68 e la polizia sia tra le più feroci del continente – ha impedito che alcuni reduci degli anni 70, ormai in avanti con gli anni, e un esule più recente, un ricercato per i fatti di Genova 2001 (quando avvenne il cumulo di reati commessi da forze dell’ordine più alto e immane dai tempi del fascismo) diventassero scalpi da esibire in diretta tv da parte di un governo che ha le proprie radici culturali e politiche nelle stagioni del Ventennio, della strategia della tensione e del berlusconismo.

 

 

 

2 COMMENTI

  1. Era ora!! Forse la magistratura francese è meno reazionaria di quella italiana? O risente del clima sociale incandescente, in contrasto col sonno italico?

    • Probabilmente per questioni del genere non esiste la magistratura ma i singoli magistrati. Alcuni, parecchi, forse, sono più sensibili ai desiderata del potere. Altri sono affezionati all’idea di uno stato di diritto. Sia in Francia che qui. L’emergenzialismo, inveve, appartiene alla politica, quella italiana in particolar modo.

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