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Elezioni europee 2024: i dilemmi della sinistra francese

Una ricerca della Fondazione Rosa Luxemburg si pronuncia a favore di una lista comune dei partiti di sinistra francesi ma…  [Fabien Escalona]

Per il grande pubblico, la scadenza può sembrare lontana e non in linea con l’intensità del movimento sociale che si è sollevato contro la riforma delle pensioni. Ma le elezioni europee, che si terranno il 9 giugno 2024, stanno già agitando gli staff dei partiti membri della Nuova Unione Popolare, Ecologica e Sociale (Nupes).

In questa fase, La France insoumise (LFI) è la forza più favorevole a una campagna che la dirigenza di Europe Écologie-Les Verts (EELV) respinge, mentre il Parti socialiste (PS) e il Parti communiste (PCF) si riservano ancora una strategia. È in questo contesto che la Fondazione Rosa Luxemburg, un think tank europeo legato alla sinistra radicale, ha pubblicato martedì una nota in cui si schiera decisamente a favore di una lista Nupes.

Scritto da Laura Chazel, ricercatrice specializzata in populismo di sinistra, il documento sostiene che estendere questa alleanza elettorale alle elezioni europee sarebbe “strategicamente auspicabile”, “sia nel breve che nel lungo termine”, sia a livello di ciascun partito che a livello di sinistra nel suo complesso.

L’obiettivo principale del documento è collocare le elezioni in un contesto politico più ampio. Dopo la pandemia e la guerra in Ucraina”, osserva l’autore, “il “senso comune neoliberale” che ha caratterizzato l’integrazione europea dagli anni ’80 è stato destabilizzato. I leader dell’Unione Europea (UE) hanno accettato tagli ai principi di austerità e libera concorrenza. Sono nati meccanismi di solidarietà e sono stati proposti obiettivi ecologici, che sono ancora molto lontani dalle richieste della sinistra, ma ne rafforzano la legittimità.

Ma la finestra si sta già chiudendo, come dimostra il ritorno della retorica colpevolizzante sul debito. E non c’è nulla di automatico nella sua traduzione elettorale, come testimoniano le numerose vittorie elettorali della destra negli ultimi mesi, dal nord al sud del Vecchio Continente. “Il fatto che le idee di sinistra stiano diventando comuni non significa necessariamente che la sinistra ne beneficerà alle urne”, ammette Laura Chazel a Mediapart.

A maggior ragione, a suo avviso, il polo democratico ed ecosocialista della vita politica deve ottenere il miglior punteggio possibile, per imporre i suoi temi nell’agenda dei media e presentarsi come alternativa di governo. A questa necessità di evitare l’invisibilità della sinistra che deriverebbe dalla sua frammentazione, si aggiungerebbe il vantaggio di non “sprecare” alcun voto, in uno scrutinio in cui le liste che non raggiungono il 5% non possono rivendicare alcun seggio.

Contro questa logica sono già stati avanzati due tipi di argomentazioni. Il primo si basa sui recenti sondaggi, che suggeriscono che se le forze di sinistra dovessero competere separatamente, otterrebbero più voti e quindi più seggi. Tuttavia, l’affidabilità di questi sondaggi, che a volte vengono commentati a sproposito dai leader politici anche se non hanno alcun senso statistico, non può che essere mediocre un anno prima delle elezioni in questione.

Il secondo argomento si basa sulla natura particolare delle elezioni europee. Esse riguardano questioni sovranazionali, sulle quali le differenze tra i partiti membri del Nupes rimangono forti. Tenute in regime di piena rappresentanza proporzionale, le elezioni europee offrono l’opportunità di esprimere queste differenze, senza il rischio di essere eliminati dalla competizione come nelle elezioni a doppio turno. Sono queste le argomentazioni che il saggio di Laura Chazel contesta con maggior forza, attraverso un’analisi dettagliata dei programmi e dei voti degli attuali membri del Parlamento europeo.

Convergenza di programmi e voti

La ricercatrice non nega che la questione europea sia stata storicamente un pomo della discordia tra le sinistre. Negli ultimi due decenni, la campagna referendaria del 2005 ha rappresentato un momento di intensa divisione, che è stata anche alla base della successiva avventura politica di Jean-Luc Mélenchon. La presidenza di François Hollande, con la partecipazione ministeriale dei Verdi fino al 2014, è stata un altro episodio di marcata frattura tra le sinistre.

Da allora, tuttavia, si è assistito a un movimento di convergenza programmatica. Laura Chazel sottolinea che ciò sta avvenendo in modo trasversale: i socialisti e i verdi si stanno spostando a sinistra sulle questioni economiche e sociali, mentre il Partito socialista e il Partito comunista tengono maggiormente conto delle questioni ecologiche, con i melenchonisti all’incrocio di questi due sviluppi.

Il rapporto con l’integrazione europea non fa eccezione a questa tendenza di fondo. Lungi dal sembrare un’eccezione, è una dimensione tra le altre della convergenza di posizioni in corso. Concentrandosi sulla sequenza elettorale del 2022, Laura Chazel sostiene che i media, così come gli stessi candidati alla presidenza, hanno amplificato le differenze esistenti. “Una contrapposizione tra i partiti ‘eurocritici’ (LFI/PCF) e i partiti ‘europeisti’ (EELV/PS) sarebbe riduttiva”, scrive.

Fondamentalmente, tutti contestano le regole neoliberali ancora in vigore nell’UE, vogliono democratizzare il modo in cui l’UE opera e difendere una svolta ecologica e solidale nei modelli di produzione e consumo.

Anche per quanto riguarda i mezzi per raggiungere questo obiettivo, la retorica converge. Da un lato, la retorica dell'”insoumise” è diventata più morbida e più precisa, ben lontana dall’alternativa “piano A/piano B” che ha prevalso fino alle elezioni presidenziali del 2017 e che implicava la possibilità di uscire dall’Ue, dall’altra ecologisti e socialisti ammettono che le regole europee debbano essere sospese per applicare il programma legislativo negoziato in sede Nupes.

Laura Chazel ritiene che, al di là delle intenzioni dichiarate, le posizioni concrete assunte nel Parlamento europeo testimonino la vicinanza dei partiti di sinistra. Cita come prova il grado di omogeneità dei voti espressi dai membri di EELV, PS e LFI (i comunisti non hanno ottenuto nemmeno un seggio alle ultime elezioni). “C’è un alto grado di convergenza tra i tre partiti su tutte le questioni”, sottolinea la nota. Anche sugli aspetti istituzionali dell’UE, che a priori sono i più contestati dalla sinistra, la coesione dei voti varia tra il 70% e il 90%.

Interpellato sui social network, l’ecologista David Cormand ha risposto che, per ragioni di “costruzione” del diritto europeo, la coesione dei voti è spesso elevata tra la maggior parte delle famiglie partitiche dell’UE, senza che si arrivi alla conclusione che le coalizioni elettorali siano necessarie. Laura Chazel non è convinta di questa controargomentazione: “Le convergenze tra i tre partiti di sinistra sono ancora maggiori di altre, e ci sono state battaglie comuni combattute sulle politiche ambientali e sullo Stato di diritto”.

Ostacoli persistenti: il “non allineamento” e le identità di partito

Al di là dei dibattiti di principio sulla natura dell’UE, che in ogni caso non saranno risolti nel corso della prossima legislatura del Parlamento europeo, non ci sarebbe alcuna seria ragione sostanziale per liste separate nel giugno 2024. La nota della Fondazione Rosa Luxemburg afferma che un programma comune è a portata di mano.

Sappiamo però che la politica estera di “non allineamento” dell’Insoumis non convince i socialisti e gli ecologisti. Il tema va oltre le questioni europee, ma è fondamentale, e in parte si sovrappone ad esse, ad esempio nel campo della difesa e del rapporto con la NATO, dove l’invenzione di una via di mezzo è forse meno ovvia di quanto suggerisca la nota. La trasposizione del principio di non allineamento a livello europeo, difesa da Manon Aubry, non è ancora considerata credibile da parte dei Verdi.

Laura Chazel sottolinea che c’è anche una significativa convergenza di voti nel Parlamento europeo su questioni internazionali, tra cui il sostegno dell’UE all’Ucraina. Ma in questo settore politico, c’è ancora una differenza di 20 punti tra l’omogeneità di voto tra il PS e l’EELV (83%) e quella tra LFI e il PS (58%) o l’EELV (64%). La natura fondamentale delle scelte di difesa e di alleanza, inoltre, rende questa fonte di divisione maggiore di quanto non suggerisca il suo peso statistico nel metodo utilizzato.

Tutto questo, risponderanno i filosindacali, non ha impedito l’unione alle elezioni legislative e dovrà in ogni caso essere ricomposto ai ballottaggi decisivi del 2027. Questo ci riporta agli incentivi di bottega a presentare liste separate.

Sappiamo fino a che punto Fabien Roussel si attenga a una linea di affermazione dell’identità del PCF, nonostante i risultati dubbi. Gli ecologisti, da parte loro, sono convinti che un risultato migliore di quello degli Insoumis consentirebbe loro di riequilibrare i rapporti di forza all’interno della Nupes. I socialisti, che pure lo desiderano, si troverebbero sul punto di dividersi in caso di lista unitaria.

Anche in questo caso, il volontarismo della nota della Fondazione Rosa Luxemburg è un po’ forzato. Per quanto Laura Chazel sia convincente sull’interesse collettivo della sinistra a dimostrare la forza del polo “democratico-socialista”, la sua enfasi sugli interessi individuali di ciascun partito è un po’ miope.

Con nessuno eletto oggi, il PCF ha poco da perdere. L’EELV porterebbe lo stigma della disunità solo se tutte le altre forze di Nupes concorressero insieme, il che è improbabile. Per quanto riguarda gli esempi stranieri di resilienza socialdemocratica grazie a un riavvicinamento con la sinistra radicale, essi possono essere sfumati e contrapposti alla situazione opposta, date le tensioni strategiche che attraversano attualmente la famiglia del PS.

In ogni caso, la nota ha il merito di sottolineare la razionalità dell’unione per il futuro e di evidenziare il dilemma che si pone alla sinistra per le elezioni europee: rilanciare al più presto la dinamica di questa unione facendo una campagna comune (ma rischiando un processo permanente per insincerità); oppure approfittare della natura di queste elezioni per assumere “lealmente” le loro differenze (ma rischiando di esagerare ciò che le separa, presentando una dispersione illeggibile per l’elettorato meno avvezzo alla vita politica).

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