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Stefano Cucchi, il suo nome sbianchettato per depistare

Processo Cucchi: così fecero sparire le tracce delle prime fasi dell’arresto di Stefano. Cancellate da un correttore dal registro del fotosegnalamento

La prossima udienza, il 17 luglio, sarà quella in cui avranno voce Giovanni, Rita e Ilaria, genitori di Stefano Cucchi e sua sorella, grazie alla loro ostinazione è stato possibile riaprire un caso di omicidio dopo il gigantesco depistaggio delle prime fasi che aveva occultato l’operato dei carabinieri. Intanto, l’udienza di oggi s’è concentrata ancora sulle tracce delle prime fasi dell’arresto di Stefano Cucchi. Tracce sparite, cancellate da un correttore che ha ripulito la casella sul registro del fotosegnalamento. Come se nulla fosse mai accaduto. «Un’irregolarità» confermata anche da alcuni carabinieri in servizio quella notte tra il 15 ed il 16 ottobre, quando l’ex geometra fu arrestato. E quando, secondo la Procura, ci fu il suo pestaggio, «originato da una condotta da resistenza posta in essere dall’arrestato al momento del fotosegnalamento presso i locali della compagnia carabinieri Roma Casilina, subito dopo la perquisizione domiciliare». La testimoniaza è arrivata nel corso di un’udienza del processo a cinque carabinieri, tre dei quali accusati della morte di Stefano Cucchi. Sul registro dei fotosegnalamenti della Compagnia Casilina, un rigo è cancellato con il bianchetto: sotto alla casella con il nome di Misic Zoran si intravede, eliminato successivamente, quello di Stefano Cucchi. «Non è una pratica normale, può capitare che il fotosegnalamento non avvenga per problemi ai sistemi informatici, ma in genere si cancella il nome con una riga orizzontale, non con il bianchetto», ha spiegato uno dei carabinieri. Una tesi confermata anche da un altro suo collega ascoltato in udienza. Nel registro ci sarebbero comunque altri nomi cancellati parzialmente con bianchetto ma il pm Giovanni Musarò ha fatto notare che quello di Cucchiè interamente cancellato. Secondo l’accusa non si tratta dell’unica anomalia riguardante il fotosegnalamento, che non avvenne nella caserma di Via In Selci, come da prassi. E non è l’unica volta che è capitato. «A volte ci si appoggia ad altre compagnie per il fotosegnalamento», ha spiegato in Aula un altro dei militari dell’ufficio Radiomobile. In udienza sono emersi anche particolari più recenti riguardanti uno dei cinque imputati coinvolti nella vicenda sulla morte dell’ex geometra nel 2009: Raffaele D’Alessandro nel 2013 fu spostato di mansione e destinato ad un incarico in ufficio dopo una segnalazione della ex moglie, preoccupata perché potesse compiere con la pistola gesti estremi verso sè stesso o la famiglia. La donna avrebbe riferito a un superiore di D’Alessandro che, durante la loro fase di separazione, l’uomo avrebbe minacciato il suicidio con la sua arma. Dopo questo episodio ci fu lo spostamento, con le pistole custodite in ufficio.

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