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Rifugiati, deportazioni al Cara di Castelnuovo

Cara Castelnuovo. «Migranti portati via come pacchi, lavoratori senza futuro». Primi trasferimenti dal centro alle porte di Roma

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ROMA – “Noi non sapevamo nulla e neanche i migranti, il trasferimento è partito stamattina, siamo stati avvisati due giorni fa”. A parlare è Tareke Brhane, mediatore culturale, che da anni lavora al Cara di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma. Il centro, gestito dalla cooperativa Auxilium, è  tra i più grandi d’Europa e verrà chiuso per effetto del decreto Salvini. Nei prossimi giorni saranno trasferiti circa 300 richiedenti asilo che vivono all’interno. Andranno in altri centri, in Piemonte, Marche e Basilicata. La chiusura, oltre a vanificare tutti i progetti di integrazione e inserimento lavorativo, portati avanti in questi anni nel centro, mette a rischio il posto di lavoro di 120 persone (tra amministratori, psicologi, medici, mediatori culturali) che a Castelnuovo lavorano da anni.

Trasferiti come pacchi anche i bambini che frequentano la scuola. “Siamo tutti molto preoccupati, le persone ospitate hanno diverse condizioni giuridiche, ci sono famiglie con minori, ci sono vittime di tratta. Ci chiediamo dove andranno e che tipo di sistemazione e percorso potranno avere, per loro vanno assicurati progetti ad hoc – sottolinea Brhane -. Tutti i bambini frequentano la scuola, e molti ragazzi lavorano al Comune, nel servizio giardini. Ora tutto questo finirà: le persone vengono portate via come pacchi, senza tener conto della loro volontà e delle loro problematiche. Il caos è totale, è tutto top secret, nessuno dice nulla. Chiaramente anche i lavoratori del centro finiranno per strada”. I primi 30 migranti sono stati trasferiti questa mattina, domani è prevista la partenza di altre 50 persone, e poi via via i trasferimenti continueranno nei prossimi giorni fino al completo svuotamento.

“Ma quale prima gli italiani? Qui ci tolgono il pane di bocca”. Dora Mangione, 55 anni lavora al centro di Castelnuovo come operatrice sociosanitaria. “Sono monoreddito e ho un figlio all’università, se perdo il lavoro non so come mantenerlo né come pagare l’affitto di casa. Nessuno ci sta dando rassicurazioni sul nostro futuro, ma è quasi sicuro che diventeremo tutti disoccupati – spiega -. Nella mia stessa situazione ci sono altri colleghi che hanno bambino piccoli e un mutuo da pagare. Il decreto sicurezza sta creando un disagio sociale assoluto, sta creando disoccupati. Dov’è il prima gli italiani? Qui ci tolgono il pane di bocca. E’ una cosa vergognosa”. Dora, che da 15 anni lavora nell’accoglienza ai migranti, spiega di aver lasciato la Sicilia proprio per venire a Roma, a lavorare in un centro più strutturato. “Ora siamo in 120 persone a perdere il lavoro – aggiunge -. Ci lasciano con un pugno di mosche, ma qui abbiamo fatto tanto. E’ uno dei pochi centri dove si fanno progetti e percorsi coi migranti. Oltre l’insegnamento della lingua italiana, si fanno corsi di fotografia e si punta sull’avviamento al lavoro, in modo che i migranti possano integrarsi.I bambini vanno tutti a scuola, ma così non finiranno l’anno scolastico. Si parla tanto di tutela, ma il decreto Salvini non tutela proprio nessuno”.

Il Comune: “Dopo Mafia Capitale abbiamo sottoscritto protocollo con Prefettura, qui vera integrazione”. “In un colpo solo saranno spazzati via non solo anni di impegno e buon lavoro per un’accoglienza fatta di progetti educativi, inserimento scolastico, corsi ricreativi, iscrizioni alle associazioni sportive del territorio, collaborazioni volontarie e lavori socialmente utili, portata avanti dal Comune insieme alla Prefettura di Roma, ma andranno persi anche 107 posti di lavoro dei dipendenti del gestore del Centro – sottolinea in una nota il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini -.  Uno dei primi atti da parte di questa nuova amministrazione comunale, infatti, dopo il grande caos di Mafia Capitale, è stata proprio la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con la Prefettura di Roma per la realizzazione di progetti culturali e di volontariato (museo di arte e mestieri, rassegne fotografiche, corsi di teatro), ma soprattutto per l’inserimento scolastico dei bambini, che saranno costretti a lasciare aula, maestre e compagni senza sapere dove andranno e cosa li aspetta. A Castelnuovo esiste, o meglio esisteva, una gestione positiva del fenomeno dell’immigrazione che non ha mai dimenticato l’aspetto della sicurezza, requisito necessario per favorire l’integrazione stessa grazie ad una efficace collaborazione con il Comando dei Carabinieri di Bracciano”. Linda Bussotti, impiegata del Comune di Castenuovo di Porto, ha affidato a un messaggio su Facebook il suo rammarico: “dopo anni di integrazione, i migranti dovranno lasciare i loro alloggi. Molti non hanno nemmeno la valigia. Qui erano stati fatti progetti di integrazione che avevano funzionato benissimo. I bambini dovranno interrompere gli studi (c’è chi era arrivato alle seconda media). Chi aveva trovato lavoro dovrà lasciarlo. Ci sono donne che sono state vittime di ogni sorta di abuso e di Violenza e molte hanno un bimbo con sé. Chi verrà portato via perderà il diritto di difendersi perché l’avvocato è di nomina regionale e cambiando Regione”. Per protestare contro la chiusura, oggi si svolgerà una marcia silenziosa che partirà alle 17 dalla Chiesa di Santa Lucia, Via Tiberina Km 14. Mentre giovedì 24, a partire dalle ore 15,  ci sarà un presidio dei lavoratori, sotto il ministero dello Sviluppo economico. (ec)

COMUNICATO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
«Con un blitz militare centinaia di richiedenti asilo, molti nuclei familiari, ospitati nel CARA di Castelnuovo di Porto, nei pressi di Roma sono stati smistati e deportati in diverse località italiane -commentano Maurizio Acerbo e Stefano Galieni, segretario nazionale e responsabile Immigrazione di Rifondazione Comunista – sembra, ma le informazioni sono ancora incomplete, che i nuclei familiari resteranno uniti mentre coloro che hanno unicamente la “protezione umanitaria” (circa 150) in applicazione della Legge Salvini perdono anche il diritto all’accoglienza. Non difendiamo un modello di accoglienza fondato sulla concentrazione di troppe persone in un unica struttura in cui per anni si sono susseguite proteste e disagi. Consideriamo le deportazioni la messa in pratica delle dichiarazioni nazistoidi che dal governo e dal parlamento continuamente si susseguono. Chi ha provato ad accogliere realmente, come il sindaco di Riace Domenico Lucano, oggi è esiliato, chi non ha avuto altre alternative che restare in un enorme centro oggi è spostato come un pacco o gettato perché di troppo. Essere dalla parte di Lucano, dei deportati e opporsi, se le voci saranno confermate, alla trasformazione del CARA di Castelnuovo in un centro di detenzione è nostro compito politico».

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