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Primi passi di un movimento contro la guerra

Domenica a Firenze, “Facciamo insieme un passo di pace!”, presidio di carattere nazionale promosso da Rete della Pace, Rete Italiana Disarmo, Campagna Sbilanciamoci e Tavolo Interventi Civili di Pace

di Ercole Olmi

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Domenica 21 settembre reti, organizzazioni e movimenti italiani si ritrovano a Firenze «per chiedere un cambiamento – si legge nell’appello – dopo anni di fallimenti, delle politiche dei governi e delle istituzioni nella gestione dei conflitti in atto dalla Palestina all’Ucraina, dalla Siria all’Iraq». E’ la prima reazione visibile di quello che fu “il popolo della pace” ai nuovi venti di guerra globale.

Sarà un presidio, di carattere nazionale, in piazzale Michelangelo per rilanciare le idee di nonviolenza e disarmo, per fermare le stragi di civili indifesi, con testimonianze di esponenti di organizzazioni che operano nei teatri di guerra.

Gaza, Palestina e Israele, Ucraina, Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Congo. «La lista delle aree di guerra in questi anni, e soprattutto in questi mesi, si è allungata», prosegue l’appello. «La risposta dei Governi e delle istituzioni internazionali non può continuare ad essere l’intervento militare: siamo di fronte al fallimento di tutti i tentativi di soluzione dei conflitti attraverso il ricorso alle armi».

A promuovere l’appello e il presidio “Facciamo insieme un passo di pace” sono Rete della Pace, Rete Italiana Disarmo, Campagna Sbilanciamoci e Tavolo Interventi Civili di Pace. L’appuntamento di Firenze si pone in continuità con l’Arena di Pace e Disarmo tenutasi a Verona lo scorso 25 aprile. Nel corso della giornata, con un programma che si snoderà dalle 11 alle 16, si susseguiranno testimonianze provenienti dai teatri di guerra e le voci di chi si oppone in Europa e nel mondo alle politiche di guerra.

Il presidio-evento rappresenterà un momento di raccolta e rilancio di richieste nei confronti della politica e delle istituzioni. «Fermare le guerre e le stragi significa dare finalmente il primato del governo globale del pianeta e delle relazioni tra Stati alla politica multilaterale, ad un sistema delle Nazioni Unite da riformare e da potenziare; significa cambiare il modello di sviluppo, non più orientato al consumo del pianeta per il benessere di pochi ma alla sostenibilità futura ed al benessere di tutti; significa applicazione e rispetto da parte di tutti gli Stati degli accordi, delle convenzioni internazionali e dei diritti umani

con meccanismi sanzionatori e con un sistema di polizia e di giustizia internazionale operativo; significa riconoscere il diritto d’asilo e dare accoglienza ai profughi di guerra; significa investire nella ricerca, nell’educazione, nell’ambiente, nell’economia e nel lavoro, nella giustizia sociale, nella democrazia, nella cultura, nel dialogo, nella difesa civile, nella cooperazione, in funzione della pacifica e plurale convivenza e del governo democratico globale, convertendo qui le enormi risorse spese per armamenti e guerre decennali».

«Ogni guerra causa stragi di civili e masse di disperati in fuga, ma in questi mesi il conteggio delle vittime è spaventosamente cresciuto, dalla Palestina alla Siria, dall’Ucraina all’Iraq, dalla Libia all’Afghanistan», si può leggere in un appello da Pisa. In quella città la manifestazione è stata anticipata dalla tre giorni NOWAR “Lo spazio è la città” organizzata dal Municipio dei Beni Comuni, dal 18 al 20 Settembre. Dopo il No War CicloTour di ieri fino al Distretto42 di cui la cittadinanza pisana chiede la riapertura, oggi si conclude in Piazza San Martino che diventerà un PeaceSpace, con banchetti delle associazioni e due dibattiti: il primo alle ore 16 sul “Disarmo Chimico” curato da Sinistra Per, il secondo alle 18 sulle campagne nazionali per “Disarmare la politica estera dell’Italia”, con Francesco Vignarca (Coordinatore nazionale Rete Italiana Disarmo) e Martina Pignatti Morano (Presidente Un ponte per…).

«C’è chi si chiede come risponda il movimento contro la guerra, ed ecco la sua voce». Domani, poi, tutti a Firenze perché «La guerra oggi nutre sé stessa, permette di incrementare i profitti dell’industria militare e ostacola la necessaria smilitarizzazione dei territori. La risposta militare dei nostri governi alle situazioni di crisi accumula fallimenti e svela nient altro che ricerca di potere ed egemonia, volontà di controllo delle risorse, razzismo e mancanza di rispetto per la vita di chi non è cittadino europeo. La degenerazione delle situazioni di crisi non era inevitabile, è sintomo ed effetto di una politica occidentale che non esita a sostenere dittature e gruppi criminali pur di proteggere interessi di pochi, che privilegia i forti e annienta i deboli, che nega la libertà e viola convenzioni e diritto internazionale. Questa ideologia della guerra va ostacolata politicamente e culturalmente, va sostituita da un sistema di governance multilaterale che renda possibile la convivenza dei popoli, che non dia alibi a chi diffonde ideologie violente e fondamentaliste, e che sia finalmente sostenibile, garantendo il benessere di tutti. Basterebbe ridurre le spese militari per dare l’impulso al cambiamento. Per questo da Camp Darby, luogo simbolo di “occupazione militare” dei territori ed esempio di sudditanza della nostra regione alla politica della guerra, viene annunciata la manifestazione nazionale di Firenze».

Ci sarà anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista: «Rifondazione parteciperà alla manifestazione del 21 settembre perchè è sempre più necessario far sentire la nostra voce per la pace, per il disarmo e contro la militarizzazione e la Nato. Gli Stati Uniti sono oggi una vera minaccia per la pace e agiscono al fine di ricostruire blocchi contrapposti politici, economici e militari. Questa Europa – guidata dal Commissario Mogherini – sta completamente sbagliando la politica estera, alimentando conflitti invece che lavorare per la pace, a cominciare dall’Ucraina, dove, anche attraverso le sanzioni, fomenta la guerra e sostiene un governo guerrafondaio e di cui sono parte costituente forze naziste. Diciamo No alle guerre e chiediamo al governo di rispettare la Costituzione».

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